De Benedetti stronca gli ex amici: «Il Pd? una balena arenata Caracciolo? Un tirchio»

Il Pd? Una «balena arenata», proprio come le forze alleate bloccate dai tedeschi dopo lo sbarco di Anzio. Carlo De Benedetti cita Winston Churchill per picchiare ancora in testa al partito che «quando è nato mi ha dato una grande speranza, ma poi mi ha profondamente deluso».
E così, nel giorno in cui ha dovuto parare gli attacchi inediti di Romano Prodi (che ha invitato i giovani piddìni a «cacciare a calci» i vecchi dirigenti, presumibilmente incluso il segretario), Pier Luigi Bersani si è dovuto sorbire pure una nuova dose di veleno debenedettiano: «L’ho visto in tv che difendeva gli enti pubblici. Mi è sembrata una stranezza che non riconoscevo». Deluso dall’ex ministro delle liberalizzazioni e segretario Pd che stima, ma che vorrebbe vedere «con un po’ più di entusiasmo».
E dire che ieri l’editore di Repubblica era ospite proprio del Pd, nella persona del vice segretario Enrico Letta, che (suscitando polemiche) lo aveva invitato come guest star al suo convegno «Nord Camp» organizzato in provincia di Vicenza.
Senza contare che, qualche giorno fa, Massimo D’Alema aveva rintuzzato gelidamente i recenti attacchi debenedettiani a lui e a Pier Luigi Bersani, definendoli «un’aggressione volgare». Ieri l’Ingegnere ha confermato il suo giudizio negativo sull’ex premier. Ma non ha risparmiato altri personaggi, da Carlo Caracciolo, «un tirchio» a Giampaolo Pansa, «persona anziana che in quanto tale inacidisce un pochino».
Liquidata la «balena arenata», De Benedetti ha preferito occuparsi diffusamente di Silvio Berlusconi. Che ovviamente non è il suo eroe preferito, ma del quale da un po’ di tempo l’editore di Repubblica parla con una certo qual affetto. Berlusconi «non è un mascalzone», né «assolutamente una carogna». Certo è «un bugiardo», e pure «un po’ fuori di testa», ma «in molte cose è davvero convinto di fare il bene del Paese». Ed è simpatico: è «l’Alberto Sordi della politica. È quello che siamo tutti noi, solo che nel suo caso è portato all’estremo». Spiega l’Ingegnere: «Noi siamo un po’ bugiardi, un po’ mascalzoncelli, un po’ gradassi. Per questo anche un po’ simpatici. Lui ha messo insieme tutte queste cose e le ha elevate al cubo. E infatti ha avuto pure successo». De Benedetti racconta, divertito, l’ultimo vis-à-vis col Cavaliere, organizzato dai buoni uffici dell’immancabile Gianni Letta: «Lui mi si fa incontro e mi dice: “Come mai non mi vuoi bene?”. E io gli rispondo: “Mi hai fregato sulla Sme, mi hai fregato sulla Mondadori, ma come cazzo vuoi che ti voglia bene?”». Insomma, alla fine De Benedetti perdona più facilmente il Cavaliere di Palazzo Chigi (verso il quale il sottosegretario Paolo Bonaiuti lo accusa di «soffrire di invidia») che il gruppo dirigente del Nazareno.

Quelli che - D’Alema e Bersani in testa - hanno ucciso la «speranza» che il Pd aveva suscitato nel seno dell’Ingegnere, e che lui accusa di «aver ucciso» il partito.
L’exploit debenedettiano finirà per alimentare qualche malumore interno al Pd verso Enrico Letta che l’ha ospitato e che è già molto critico con il suo partito che al Nord - «ha ormai toccato il fondo».

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