Roma

La De Benedetto e una «Fedra» molto passionale

Il conflitto perenne tra ciò che i latini definivano mens bona e furor, cioè tra ragione e passione, è il tema di Fedra, una delle nove tragedie di argomento greco lasciateci da Seneca. Ed è proprio Fedra, un testo dell’epoca di Nerone, a sua volta ispirato a pagine dei drammaturghi greci Euripide e Sofocle e poi del latino Ovidio, a segnare questa sera l’apertura della stagione del Quirino - Vittorio Gassman, teatro inserito nel circuito Ente teatrale italiano, assieme al Valle. A dispetto delle «gravi condizioni» in cui versa il teatro italiano, il neopresidente dell’Eti Giuseppe Ferrazza può quindi annunciare con soddisfazione un programma denso di commedie e drammi di grandi autori, classici e non, a partire appunto da Fedra.
La protagonista, figura femminile tormentata e preda di una passione incestuosa, è interpretata da Ida Di Benedetto, nuovamente impegnata nel ruolo di eroina tragica dopo Medea e Clitennestra; l’attore Alberto Di Stasio, invece, è Teseo. La regia è di Lorenzo Salveti, che si mette alla prova con la complessità di un Seneca tradotto da un poeta moderno quale Edoardo Sanguineti: «Con fedeltà creativa, il poeta "cita" il testo classico in uno spazio concreto che è qui, oggi, in un tempo immediato, in voci, in corpi attuali - spiega il regista -. La sua versione è un’opera autonoma di poesia contemporanea. E a questa anatomia di una passione conferisce l’asciutta modernità di un ragionare serrato eppure incandescente».
La storia è quella di Fedra, innamorata del figliastro Ippolito, e del terribile destino che si abbatte sul ragazzo, reo di rifiutare le seduzioni della matrigna e di ciò paga le conseguenze con la vita. Fedra infatti incolpa Ippolito di fronte al marito, Tèseo, avviando il racconto verso un finale di orrore e morte, tipico appunto del teatro senechiano. Irrazionalità e «follia dell’eccesso», dunque: «L’amore s’ammala e lascia il posto al "furor", il desiderio totalizzante di una cosa sola - commenta Salvati -. Quando nasce, l’amore di Fedra per Ippolito è solo amore e come tale è puro, innocente. Ma l’ombra colpevole dell’incesto lo rende impossibile. Fedra, ostinatamente, nega questa impossibilità. Si sottrae ad ogni legge, la sua ostinazione diviene ossessione e delirio». E, conclude il regista, «la passione sfrenata cresce in lei finché erompe irragionevole e scandalosa. Ci riconosci la malattia di sua madre, “l’imbestiata”, colei che rinnegò la sua natura di donna per congiungersi al toro».
Nel racconto si intrecciano infatti il mito del Minotauro, nato dall’unione tra Pasifae (madre di Fedra) e un toro con le vicende che, per fare solo qualche esempio, vanno da Dedalo al filo di Arianna a Egeo. Una riflessione antica e sempre valida sulle profondità più recondite dell’animo umano, sui «mostri» interiori e sugli eccessi - sia di Fedra che di Teseo e Ippolito, giovane tanto attraente quanto incapace di amare - è dunque lo spettacolo con cui inizia il cartellone del Quirino (la prossima pièce in programma, dal 18 ottobre al 6 novembre, sarà La gatta sul tetto che scotta di Tennessee Williams).
Repliche fino al 16 ottobre; biglietti interi dai 16 ai 29 euro e per le prime dai 21,50 ai 34,50 euro. Per informazioni su abbonamenti e riduzioni: 06.

6794585.

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