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De Mistura a Bari Incontro con la famiglia dei militari

Un braccialetto, una penna, alcune lettere, qualche cartolina ma anche un nuovo imperativo: «Dobbiamo essere pronti a tutto». È quanto porta con sè, di ritorno dal viaggio in India, il sottosegretario agli Esteri Staffan de Mistura, che alle famiglie dei due marò pugliesi detenuti con l’accusa di aver ucciso due pescatori scambiandoli per pirati, oggi a Bari ha dipinto una immagine rassicurante («stanno entrambi bene, fanno ginnastica e mangiano spaghetti italiani»), ma al tempo stesso realistica: «Anche i marò migliori del mondo possono sbagliare». E infatti, se fra due settimane le perizie balistiche confermassero che ad uccidere i pescatori indiani sono stati proprio i fucili dei militari pugliesi, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, potrebbe aggravarsi una situazione su cui già «pesano a nostro sfavore» le elezioni in Kerala, «passate le quali le cose saranno diverse»: tra una settimana, tra l’altro, la «Enrica Lexie» potrebbe ottenere l’autorizzazione a lasciare il porto indiano di Kochi.
De Mistura precisa che i marò non saranno mai abbandonati e allo stesso tempo frena facili entusiasmi: «Dobbiamo prepararci a tempi lunghi, ma considerato che questi uomini sono addestrati per missioni di mesi, in condizioni dure e difficili, questa è una missione che terminerà nella maniera giusta». A decidere tempi e risvolti della vicenda saranno proprio le perizie balistiche. «Se i proiettili che hanno ucciso i pescatori - spiega de Mistura - non appartengono alle armi italiane, la cosa si chiude nel giro di un mese». Ma se, «malauguratamente, i proiettili fossero identificati come quelli usati dalle nostre forze armate, rimane il fatto che i nostri militari non volevano mai colpire dei pescatori; e ricordiamoci che in condizioni del genere un militare va sempre giudicato a casa propria». «Altrimenti - sottolinea con forza - il precedente sarebbe terribile non soltanto per l’Italia ma anche per gli americani, gli inglesi, i francesi, i cinesi e gli indiani».
Su una cosa non sembrano esserci dubbi: «In qualunque circostanza, la strategia è chiara: militari italiani che facevano il loro dovere, difendendo una nave italiana con a bordo 19 marinai indiani, non verranno mai mollati e torneranno a casa». Parole, quelle del sottosegretario, che rincuorano sia la sorella di Massimiliano, Franca Latorre, che si sente «in una botte di ferro»; sia il papà di Salvatore, Michele Girone, che ringrazia «le istituzioni perché stanno facendo un lavoro straordinario»e lancia un appello a tutti gli italiani affinchè «facciano sentire la propria vicinanza ai nostri ragazzi: solo così potremo riaverli a casa». Un comportamento, quello dei parenti, che il capo di stato maggiore della Marina militare, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, definisce dignitoso e intelligente, «identico a quello dei due militari: sono tutti dei marò del San Marco».


Intanto, in un’intervista a La repubblica, Latorre e Girone si dichiarano «dispiaciuti per la morte dei due pescatori, a prescindere da come sia successo» e precisano di essere scesi dalla nave «Enrica Lexie» «perché ci è stato detto di farlo».

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