De Niro, altro comizio a Cannes. Poi fa il duro: "Non temo la morte"

Favino esterna: anche i governi precedenti non hanno risposto "alle richieste sul cinema"

De Niro, altro comizio a Cannes. Poi fa il duro: "Non temo la morte"
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da Cannes

L'eredità di Bergoglio ha riflessi anche sul cinema e Pierfrancesco Favino, a Cannes per presentare la sua ultima fatica - Enzo aprirà la sezione collaterale della Quinzaine des realisateurs -, fa riferimento alle parole del pontefice scomparso come approccio alla querelle che divide la politica sulla difficile riforma di tax credit e affini.

«Il papa ha invitato a costruire ponti e non muri - spiega l'attore italiano - e io sono già con mattoni e cazzuola in mano benché non sia il mio mestiere. Non servono contrapposizioni faziose e partitiche ma soltanto la volontà di collaborare per trovare punti d'intesa e progettualità comune».

Il lavoro insomma non è un privilegio ma una necessità e Favino si fa portavoce di colleghi e registi ma anche di tutti coloro - maestranze operative come elettricisti e tecnici del suono o altro ancora - che hanno scarsa se non nulla visibilità.

«Nella nostra lettera aperta al ministro della cultura Giuli chiediamo solo un interlocutore con cui discutere sul miglior modo di risolvere i problemi, anche tenendo conto della scarsità di fondi statali. Non è un problema di questa maggioranza e di questo governo perché identiche richieste erano state avanzati in passato con esecutivi di altri colori».

E aggiunge che l'appello partito dagli ultimi David è nato da un proposito di Pupi Avati «che non è certo un trotzkista della prima ora». In buona sostanza è un problema industriale, non di appetibilità del cinema italiano «che ha visibilità e grandi potenzialità a livello anche continentale».

E aggiunge: «Non sono un economista ma vorrei che qualcuno mi insegnasse la ricetta giusta. So che adesso serve la buona volontà di lavorare insieme per fare quei passi necessari a dare più fiato al nostro settore».

I primi giorni di questa edizione del Festival di Cannes insomma continuano a essere dominati dalla politica, apparentemente lontanissima dai temi della Settima arte. E Robert De Niro, premiato con la Palma d'oro alla carriera, che sul palco si è profuso in un'intemerata anti trumpiana contro le tasse in una platea che poco c'entra con i guai di oltreoceano, nell'incontro pubblico di ieri si è ben guardato dal toccare gli stessi tasti. Svuotato e laconico, pigro nelle risposte, ha evitato qualunque riferimento pubblico, forse rendendosi conto di aver scelto il pulpito sbagliato, non foss'altro che per quel «Libertè, egalitè, fraternitè» che ha risvegliato i nazionalismi francesi.

Con il pubblico ha parlato della sua famiglia senza nemmeno eccessivo coinvolgimento e, soltanto alla domanda di una spettatrice georgiana che cercava di provocarne una reazione anti-Putin, ha commentato che «a questo mondo nessuno fa la cosa giusta e quando compare qualcuno abile e poco incline agli errori non si trova di meglio che lasciarlo ai margini». E la standing ovation con cui è stato accolto, si è man mano intimidita. Più calore quando invece ha accennato al tema della morte: «Non ho scelta, quindi tanto vale non averne paura».

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