Un decalogo contro i ciclisti «fuorilegge»

Pedalare in città ascoltando alle cuffie il cantante preferito? Attenzione, se vi imbattete in un vigile che davvero fosse intenzionato ad applicare le norme del codice della strada vi potrebbe costare una corposa multa che va da un minimo di 152 a un massimo di 608 euro. Stessa sanzione è prevista anche per chi viaggia conversando al telefonino. Fino a 159 euro rischia, ad esempio, chi non segnala la svolta col braccio come impone l’articolo 154 del codice della strada. Se da una parte ci sono le regole per tenere a bada automobilisti prepotenti (che vengono giustamente e rigorosamente applicate), ci sono altrettante regole a misura di ciclisti incoscienti o indisciplinati (che vengono semplicemente spesso disattese). Regole e relative sanzioni vengono ricordate nell’e-book distribuito dal Comune e servono a garantire prima di tutto la sicurezza di chi viaggia sulle due ruote, ma anche a stabilire che i diritti non stanno tutti da una parte e i doveri dall’altra. I semafori rossi valgono come stop per le auto, ma dovrebbero valere ugualmente anche per le biciclette: sanzione prevista fino a 600 e rotti euro. Certo, a Milano il buonsenso e anche qualcosa di più spinge una mamma a raccomandarsi col figlio che va a scuola in bicicletta a viaggiare per tutto il percorso sui marciapiedi perché, senza piste ciclabili attrezzate, sulle strade si rischia la vita. Decisamente meglio correre l’«altro» rischio: che saranno mai a confronto, 159 euro di multa, anche dovesse capitare? Eppure il Codice con le sue regole vuole insegnare che in bicicletta senza fanali si rischia dai 24 ai 94 euro perché è pericoloso. Anche il campanello che da noi pare più un vezzo che altro ha un suo posto d’onore tra le sanzione affibbiate per «inadeguatezza del mezzo»: chi non ce l’ha potrebbe incassare una multa fino a 94 euro. I controlli dovrebbero riguardare anche i freni delle bici: se inadeguati e franano male costano una multa di quasi cento euro. In Danimarca, patria delle due ruote, i ciclisti che non rispettano le regole della strada sanno per certo che non se la caveranno con una ramanzina da parte delle forze dell’ordine. Chi non segue le regole viene regolarmente - e non saltuariamente - fermato dalle forze dell’ordine e pesantemente multato. E se anche questo non accade, a rimproverare i «furbi» ci pensano gli altri ciclisti: non esitano ad urlarti contro o a fermarti per ammonire i comportamenti errati. Insomma dove non arriva la legge, c’è il pubblico ludibrio. A Milano la pericolosità delle strade cittadine fa chiudere più di un occhio a chi dovrebbe fare rispettare il codice della strada. Però chi viaggia portando il cane al guinzaglio rischia, per sé e per gli altri. Così come è in difetto e punibile quindi chi non dà la precedenza ai pedoni che attraversano sulle strisce.

In una sorta di catena «alimentare» dell’ecosistema cittadino la difesa del più debole spetta al codice: il ciclista che fa il prepotente dovrebbe essere punito con 600 euro di multa. Insomma le multe fioccano per le auto e giustamente si inaspriscono con coloro che si piazzano sulle sparute piste ciclabili della città. Ma per tanti ciclisti il codice della strada resta un illustre sconosciuto.

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