Il decalogo Fiat per gli operai di Pomigliano

Marchionne in fabbrica alla vigilia dello stop. La sinistra accende un faro

da Milano

Seduti ai banchi, divisi nei vari reparti, i 5mila operai con indosso una tuta bianca. In cattedra i capisquadra, vestiti alla stessa maniera, nel ruolo di «docenti». A svolgere il ruolo di controllori, affinché tutto proceda per il meglio e a sostegno della vigilanza interna, una quarantina di sorveglianti presi in prestito dal non lontano stabilimento di Cassino.
A Pomigliano d’Arco, alle porte di Napoli, tutto è pronto per l’avvio dei corsi di formazione in quella che, nelle intenzioni di Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat, è destinata a diventare una delle fabbriche più avanzate del gruppo (l’impianto rimarrà chiuso due mesi per consentire i lavori di ammodernamento: 110 milioni di euro a totale carico del Lingotto). Entro le 6 di domani mattina si presenteranno ai cancelli le tute bianche del primo turno, alle 14 toccherà ai colleghi del secondo turno.
All’apparenza, nei due mesi di formazione, sarà tutto normale (stessi orari, pause, busta paga) con l’eccezione che al posto della linea di montaggio delle Alfa 147, Gt e 159, gli operai troveranno schermi proiettori che serviranno ai caposquadra per illustrare i segreti del sistema World class manufacturing. Con questo termine si intende il tipo di organizzazione che, attraverso il continuo miglioramento di tutte le prestazioni e il coinvolgimento dei vari livelli aziendali, porta all’eccellenza dell’intero ciclo produttivo. Marchionne è stato a Pomigliano d’Arco venerdì dove ha incontrato il direttore della fabbrica Sebastiano Garofalo e i capisquadra-istruttori. Fin qui tutto normale, a parte il disappunto espresso dai rappresentanti dei lavoratori in quanto alla riunione non è stata invitata la commissione paritetica istituita proprio in occasione del rilancio dello stabilimento.
Ma a sollevare le prime critiche e perplessità da parte della forza lavoro è stata la sorta di decalogo che l’azienda ha trasmesso a manager e capisquadra: una serie di regole da far osservare agli operai. Dall’obbligo di indossare la tuta bianca al posto della tenuta tradizionale (jeans da lavoro e felpa) al divieto di cambio del turno, al rispetto rigoroso degli orari («l’azienda applicherà tolleranza zero», precisa Gerardo Giannone, segretario dei Comunisti italiani sezione Fiat Auto di Pomigliano) e al dovere di concordare con il caposquadra, almeno 24 ore prima, tutte le attività sindacali.
Ma a far discutere di più gli «operai-studenti» napoletani, oltre alla presenza dei vigilanti nei reparti, è il punto in cui è scritto che «tutti gli operai ogni giorno dovranno ramazzare e lavare la propria linea di appartenenza e dovranno verniciare tutto quello che il caposquadra dirà loro di fare». «Noi facciamo i metalmeccanici e non siamo un’impresa di pulizie - afferma Giovanni Orlando, della Fim, membro della commissione paritetica - e non capiamo nemmeno per quale ragione dobbiamo vestirci tutti di bianco. Siamo a casa dal 21 dicembre e per ora non abbiamo ancora visto lavori all’interno della fabbrica, come lo spostamento dei reparti. Domani mattina alle 6 saremo “in classe”, sarà fatto l’appello e quindi ascolteremo il direttore Garofalo. La prima lezione verterà sul tema: mansioni e competenze».

Sul caso Pomigliano, intanto, sono già accesi i riflettori delle forze politiche e c’è chi, come Marco Rizzo (Comunisti italiani), ipotizza il mancato rispetto da parte della Fiat dello statuto dei lavoratori: «Siamo pronti a dare battaglia in Parlamento».

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