Decine di migliaia verso Colonia con la fede in spalla

Emozione, canti e preghiere alla stazione Ostiense. I tre treni speciali battezzati con i nomi dei Re Magi

Decine di migliaia verso Colonia con la fede in spalla

Simone Turchetti

A vederli sembrano una qualsiasi comitiva di vacanzieri. Eccoli, i Papa Boys: zaino da campeggio in spalla e al collo i tesserini della Giornata Mondiale della Gioventù. Stazione Ostiense, primo pomeriggio di ieri. Da qui partono i tre treni speciali, battezzati come i Re Magi, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, che porteranno a Colonia i duemila pellegrini romani. Il loro «quartier generale» sarà però a Bonn. All’ingresso della stazione si riversano a getto continuo i ragazzi, età media tra i venti e i venticinque anni. Emozionati, arrivano in gruppo o accompagnati dai genitori oppure con gli scout, mentre la musica ad alto volume messa dagli organizzatori fa da sottofondo. Canti religiosi, ma anche canzoni di Zucchero e persino di Cat Stevens, ora convertito all’Islam col nome di Yussuf Islam.
Andrea, 19 anni, rappresenta bene questi giovani pellegrini. Indossa una maglietta di Superman, gli occhiali da sole a fascia e ha i capelli raccolti con un laccio. Viene da Poggio Mirteto e studia scienze della formazione; nel tempo libero fa animazione in parrocchia ed è impegnato nel volontariato. «Sono già stato alla Giornata della Gioventù di Roma e di Toronto» racconta. «È stato bellissimo, c’è qualcosa che accomuna moltissimi giovani, anche i non credenti». Già, ma cos’è che spinge tanti a partire? «C’è il desiderio di incontrare Gesù» spiega Michela, 26 anni, laureata in psicologia. «E poi è l’occasione per dare il benvenuto al nuovo papa». A guardarsi intorno, le motivazioni religiose sembrano autentiche. Molti gruppi intonano i canti di chiesa, con chitarre e tamburi. E non sono tutti giovanissimi. C’è Andrea che ha 35 anni e scherza: «Sono un fuori quota, sto qui a fare da chioccia». In mano tiene una bandiera italiana con scritto sopra «Santa Emerenziana, Roma». Ha riscoperto la religione da poco, per «eventi della vita». Per lui la Giornata della Gioventù «è un punto di partenza per rafforzare l’identità e la fede». E i maliziosi che considerano tutto l’evento solo una trovata di marketing? «Pensino quello che vogliono. Le altre cose hanno un inizio e una fine, ma il messaggio di Gesù è senza tempo».
Intanto, ad un binario si ferma il treno speciale proveniente da Reggio Calabria. I pellegrini si affacciano ai finestrini e salutano, sventolano le bandiere. Dalla banchina i ragazzi di Roma ricambiano il saluto. Molti ragazzi fanno parte degli Scout, come Claudia, 18 anni, da Colli Aniene. Sulla sua divisa spicca la spilletta con la bandiera della pace; con un gran sorriso dice: «Questa è la mia prima volta. È un evento che unisce tutti, tramite la fede e nel ricordo di Giovanni Paolo II». Papa Wojtyla ricorre nel pensiero di tanti. È lui che ha istituito questi raduni. «I ragazzi hanno una gran nostalgia dell’assoluto, hanno bisogno di valori, dimenticati dalla società del consumo» afferma Monsignor Liberio Andreatta, dell’Opera Romana Pellegrinaggi. «Purtroppo tanti ragazzi che sono qui oggi disertano la messa la domenica, ma questo evento è un punto di partenza per dare loro le risposte che cercano nella vita quotidiana. Ed è un’occasione per i giovani sacerdoti che accompagnano i ragazzi per imparare a conoscerli meglio». Sacerdoti come Enrico, 38 anni. Difficile riconoscerlo, per il caldo si è slacciato il colletto della camicia e non si vede il collarino bianco. «Anche per me è un momento diverso, un’opportunità di viaggiare e incontrare persone che la pensano come me, per parlare di fede. È un modo per far vivere la stessa esperienza a tanti fedeli».
Ma l’opportunità di conoscersi e comunicare non sarà interpretata da qualcuno come l’occasione per rimorchiare? «Come ogni cosa, c’è chi viene per motivi così futili. Ma è un evento troppo grande, chi viene a Colonia lo fa perché è convinto, sa qual è il suo senso» risponde Giovanni, ventenne scout di Monte Mario.

E il pensiero del «rimorchio» non sfiora neanche Elisabetta, 20 anni, di Boccea. Parte con tre amiche, il loro gruppo è andato senza di loro. Ad accompagnarle, racconta ridendo, sono 2 seminaristi. Faranno da guardie del corpo alle «Papa Girl».

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