Sul Corriere della sera
Pierluigi Battista torna a prendersela con «i conformisti di destra e
di sinistra» che «sdottoreggiano su un'Idea senza averne una», con «le
loro sciocchezze intimidatorie» e «la guerra ridicola tra opposti
fanfaroni».
Vorrei ricordargli che esiste pure un conformismo di mezzo che sdottoreggia con le sue banalità: spesso in medio stat mediocritas e ci si sente arbitri e superiori alle parti solo perché non si è portatori di idea alcuna. Vorrei poi capire chi sarebbero i mostri in
questione: se si riferisce al fascismo, come in un primo tempo sembra,
non mi pare che giganti come Gentile e Pirandello, Soffici e Papini,
Volpe e Marconi, D'Annunzio e Marinetti, ma anche Berto Ricci o Bottai,
possano ridursi a quegli insolenti trombettieri che lui descrive. Ma
neanche i Gramsci, i Gobetti o i Giaime Pintor, a essere onesti.
Se si riferisce all'età repubblicana vorrei far notare che se i Flaiano, i Buzzati e i Brancati disdegnavano l'impegno, si impegnava a destra gente del
calibro di Longanesi, Panfilo Gentile e Guareschi. E stare a destra non
è stato certo un atto di conformismo: eroici furono Prezzolini,
Evola o Del Noce ma anche editori come Volpe o Cattabiani. Un autore
non si giudica dalla sua collocazione.
Essere di destra, di sinistra o
di niente, non è un merito né un demerito in sé. Quel che conta è
l'opera. Stare da una parte o fuori dalle parti non implica nessuna
superiorità. I grandi son grandi anche se militano, i fessi son
fessi anche da neutrali. E viceversa.
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