Definitiva la condanna di Bruno Contrada

Si conclude una vicenda giudiziaria durata 15 anni. L'ex funzionario del Sisde condannato a 10 anni di reclusione per concorso in associazione mafiosa. Per la Suprema Corte Contrada è "colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio"

Definitiva la condanna di Bruno Contrada

Roma - Diventa definitiva la condanna a 10 anni di reclusione per concorso in associazione mafiosa per Bruno Contrada, l’ex funzionario del Sisde. In sostanza, i giudici del Palazzaccio hanno respinto il ricorso della difesa e sposato la tesi presentata ieri dal procuratore generale della Cassazione, Antonio Mura, che aveva chiesto il rigetto del ricorso. Al contrario, la difesa aveva tentato oggi di smontare le dichiarazioni dei pentiti che accusavano Contrada di collusione con Cosa nostra. Tra i sei collaboratori di giustizia ci sono Tommaso Buscetta, Francesco Marino Mannoia, Angelo Siino e Giovanni Brusca. Per conoscere i motivi della decisione presa dal Supremo collegio bisognerà attendere il deposito della sentenza che avverrà fra qualche settimana.

Secondo l’accusa, l’ex funzionario del Sisde avrebbe iniziato i suoi rapporti con Cosa Nostra tramite il conte Arturo Cassina, grande appaltatore palermitano, amico del boss Stefano Bontate. Dopo l’uccisione di Bontate nel 1980, Contrada avrebbe mantenuto contatti con i nuovi potenti di Cosa Nostra, i corleonesi di Totò Riina. Contrada ha sempre rivendicato il suo ruolo di uomo dello Stato, sostenendo di non avere mai conosciuto mafiosi e di essere stato accusato "per vendetta" da criminali da lui perseguiti in passato. Dalle indagini patrimoniali condotte nei suoi confronti e della sua famiglia è emerso un tenore di vita compatibile con lo stipendio di funzionario di polizia.

L'avvocato Milio: "Destino segnato" "Il destino di Bruno Contrada era segnato ancor prima che cominciasse il processo: abbiamo lottato ma era stato condannato ancora prima di essere condannato". Così l’avvocato Piero Milio, difensore dell’ex capo della Squadra mobile di Palermo, ha commentato il verdetto della Cassazione. "La Suprema Corte però - ha aggiunto Milio - potrebbe non avere colpe in questa decisione in quanto si è limitata a leggere le carte scritte da altri giudici. Spero che gli italiani si indignino davanti a questa ingiustizia".

Una carriera iniziata nel 1958 Nato a Napoli nel 1931, entra in Polizia nel 1958. Nel 1973 diviene il capo della Squadra Mobile della città partenopea. Nel Sisde (Servizi per l’ Informazione e la Sicurezza Democratica) dal 1982, nel settembre di quello stesso anno viene nominato capo di Gabinetto dell’Alto Commissario per la lotta contro la mafia, incarico che ricopre fino al dicembre del 1985. Nel 1986 è chiamato a Roma, al reparto operativo della Direzione del Sisde.

L'arresto Il 24 dicembre del 1992, mentre si accingeva a trascorrere le vacanze di Natale a Palermo con la famiglia, viene arrestato perché accusato di "concorso esterno in associazione mafiosa" sulla base delle dichiarazioni di quattro collaboratori di giustizia, indicati come ”pentiti”.

In carcere 31 mesi in attesa di giudizio Contrada rimase in carcere per 31 mesi in attesa di giudizio, nonostante diversi ricorsi presentati anche alla Corte europea per i diritti dell’uomo. Il 12 aprile del ’94 si aprì il primo processo a suo carico, conclusosi con la condanna a 10 anni di carcere.

La sentenza di primo grado fu però ribaltata dai giudici d’Appello che, nel 2001, pronunciarono un’assoluzione. Questa, però, fu annullata dalla Cassazione il 12 dicembre del 2002: la Suprema Corte dispose dunque un nuovo processo di secondo grado.

 

 

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