Signor Demme, da quanto conosce il presidente Carter?
«L'ho sempre stimato, ma la conoscenza personale risale a un anno e mezzo fa, dopo aver saputo che si cercava un regista per fare un documentario su di lui».
Dal Silenzio degli innocenti di Thomas Harris a Palestine: Peace Not Apartheid di Jimmy Carter. I bestseller la stuzzicano?
«Quando ho accettato di fare il film, conoscevo solo il titolo del libro di Carter, ma già capivo che avrebbe suscitato fuochi d'artificio. L'ho letto però solo alla vigilia delle riprese».
Giorni e giorni con un ex presidente sempre in viaggio: non sarà stato semplice per lei.
«Non avevo restrizioni di tempo e ogni cosa accadesse davanti alle videocamere - il film è in alta definizione - poteva finire nel film a mia discrezione».
Quanto filmavate ogni giorno?
«In media sedici ore, in due-tre persone quando era possibile, per avere degli eventi anche altre prospettive».
Il film è una produzione indipendente. Uscirà in Italia?
«In Italia il film non è ancora stato venduto. La Participant, che l'ha prodotto, si chiama così perché fa film per indurre alla partecipazione politica. Ma divertendo».
Il tema è sulfureo.
«I media degli Stati Uniti, per quanto vitali per una democrazia che ancora funziona, sono per lo più allo sbando, con sporadici episodi di autentico giornalismo investigativo».
«Carter è il modello di comportamento più positivo che gli Stati Uniti abbiano da offrire oggi».
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