RomaContrordine compagni. Limmunità parlamentare non è più una ragionevole alternativa alla guerra di potere tra politica e magistratura che si combatte in Italia da quasi venti anni. Non è più un terreno su cui azzardare una disponibilità al confronto sulla concreta applicazione del principio della separazione tra poteri o esercitare la memoria antica di quella civiltà giuridica cara ai padri costituenti.
Lo stop, chiaro e sonante, a ogni discussione o trattativa lo detta Pier Luigi Bersani: il Pd è «assolutamente contrario» al ripristino dellimmunità. Il motivo? Semplicemente il tema non è allordine del giorno. «Per noi il discorso è chiuso». Certo tra i democratici cè comunque chi si pone il problema. Non è un caso che prima firmataria del disegno di legge bipartisan per la revisione dellarticolo 68 della Costituzione sia Franca Chiaromonte. Ma dopo il rilancio del presidente del Consiglio sulla riforma della Carta il dibattito sulle guarentigie costituzionali ha subito uninversione di rotta e si è ormai trasformato, in quasi tutto il centrosinistra ma anche in Futuro e libertà, in un coro pronto a intonare la parola «indignazione».
Eppure fino a poco tempo fa erano tutti daccordo. Non a caso alla Camera giacciono «in deposito» ben 6 proposte. Una di queste, datata 18 novembre 2009, primo firmatario Silvano Moffa, porta le firme di alcuni parlamentari ora approdati in Fli. Fra questi Benedetto della Vedova, Carmine Patarino e Aldo Di Biagio. «In un ordinamento democratico la funzione legislativa va tutelata e non può essere condizionata né subire turbamenti di sorta» si legge. «Laver eliminato le guarentigie dallarticolo 68 ha provocato non poche distorsioni nella saldatura dei due principi di responsabilità e di tutela ai quali si informa lattività parlamentare e ha creato un proliferare di conflitti di attribuzione fra Camere e magistratura».
In verità i primi a mettere queste idee per iscritto in una proposta di legge furono due figli darte, i parlamentari Chiaromonte e Compagna, luna del Pd, laltro del Pdl, figli di parlamentari del Pci e del Pri. Ma anche Oscar Luigi Scalfaro, con unintervista, si spinse fino a minare le certezze dei falchi anti-immunità. Lex presidente, uno dei front-man preferiti delle manifestazioni anti-premier, propose una soluzione simile a quelle della proposta di legge Chiaromonte-Compagna. Un affondo seguito dalle parole di Vittorio Borraccetti, procuratore della Repubblica di Venezia e uomo di Magistratura democratica. «Immunità, sì, con le dovute accortezze» sostenne il magistrato. «Se cera nella Costituzione originaria significa che un punto di equilibrio era previsto anche agli albori della Repubblica. Si potrebbe tornare a qualcosa che somigli al disegno dei costituenti. Nel mondo ideale lautorizzazione a procedere non è una bella cosa ma siamo impantanati in un conflitto che genera situazioni sempre più negative». Sulla tesi del «male minore» si è attestato anche il senatore Pd ed ex pm Gerardo DAmbrosio oltre al pm Nello Rossi (esponente di Md). Così come Luca Palamara, convinto che «limmunità non è un tema su cui fare barricate però bisogna essere chiari: è una scelta politica».
Sullo sfondo una voce fuori da ogni coro, purtroppo scomparsa nello scorso agosto e giustamente ricordata dallagenzia il Velino: quella di Francesco Cossiga che il 29 aprile 2008, ovvero pochi giorni dopo le ultime elezioni, depositò una sua proposta sullimmunità. Un testo corredato, nelle motivazioni generali, da un giudizio durissimo sulla «dissennata bufera giustizialista che negli anni scorsi ha devastato la nostra vita, bufera giustizialista prodotta dalla crisi del sistema politico conseguente al venir meno della contrapposizione tra democrazia liberale occidentalista e democrazia progressiva del socialismo reale, e dalla mistificatrice azione giudiziario-politica della magistratura militante, con larghi apporti di qualunquismo e di antiparlamentarismo».
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