Elena Jemmallo
Sedersi sulla poltrona del dentista in attesa dell'intervento e rilassarsi con musica soft. Una prassi che da oggi potrebbe non essere più gratuita per lo studio che utilizza questo metodo per intrattenere il paziente. A dichiarare guerra ai dentisti è la Società consortile fonografici, la Scf, che ha denunciato uno studio dentistico milanese che si sarebbe rifiutato di pagare i diritti discografici. Insomma, la tesi della Scf è questa: i dentisti rendono meno noiose le loro attese e i loro interventi grazie alla musica registrata? Allora paghino i diritti discografici, così come fanno i negozi di moda, i supermercati, gli alberghi, che già da tempo hanno firmato accordi con la Scf e hanno ottenuto la licenza di diffondere musica nei loro ambienti.
Dentisti ma non solo. Alcuni mesi fa sotto il mirino della Scf era finita la Cei, la Conferenza Episcopale Italiana, per la diffusione di musica nelle oltre trentamila parrocchie italiane. Anche loro erano una sorta di «pirati discografici» dal momento che non pagavano alle case discografiche un solo euro per l'uso di musica registrata alle messe, nei matrimoni, nelle prime comunioni, nelle feste dei bambini e degli anziani, nelle feste patronali o di piazza. Nel caso della Cei l'accordo è stato raggiunto in breve tempo e ora le parrocchie diffondono musica registrata senza la preoccupazione di rischiare salatissime contravvenzioni.
La legge sul diritto d'autore stabilisce infatti che per diffondere musica in pubblico, sia con scopo di lucro sia senza, è necessaria l'autorizzazione da tutte le parti che contribuiscono alla creazione del prodotto musicale: gli autori, gli artisti interpreti ed esecutori, ma anche i produttori fonografici, rappresentati in Italia (a partire dal 2000) appunto da Scf. Per trasmettere musica registrata, quindi, oltre che con la Siae, occorre avere un contratto anche con chi rappresenta i fonografici.
Nel caso dei dentisti però la battaglia si fa più dura. Se non altro, perché le trattative c'erano e stavano andando avanti già da un anno, fino al punto di rottura che ha dato il via all'azione legale contro uno studio milanese. Ma il braccio di ferro promette di non fermarsi qui. «Si tratta - spiega Gianluigi Chiodaroli, presidente di Scf - di un'azione che non escludiamo possa preludere a una campagna più estesa nei confronti dell'intera categoria e di altre ad essa analoghe». Da una parte la Scf che chiede all'incirca un centinaio di euro all'anno a ogni studio dentistico, dall'altra, l'Andi, l'associazione nazionale di categoria che rappresenta circa 19 mila professionisti in Italia, replica: «La richiesta della Scf non va estesa agli studi dentistici privati». Come spiega Gianfranco Prada, segretario sindacale nazionale dell'Andi: «Per i nostri legali anche se il pagamento di questi diritti fosse dovuto, questo riguarda solo gli studi ambulatoriali aperti al pubblico. Cosa che la Scf non ha accettato dichiarando di procedere per vie legali».
Alle parole dell'Andi fanno eco quelle del presidente della Scf, che conclude: «Abbiamo stipulato accordi con associazioni di categoria quali Federdistribuzione, Federmoda, Federalberghi. La Chiesa stessa, realtà non profit per eccellenza, ha disciplinato la propria posizione stipulando una convenzione per l'utilizzo di musica registrata nell'ambito dell'esercizio delle proprie attività.
E dopo i dentisti, a finire sotto la lente dei fonografici ci sono tutte le lezioni di aerobica e simili che si svolgono nei centri fitness e palestre, coi quali, avverte Chidaroli «siamo tuttora in trattativa».
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