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La denuncia dei Pm: «Spogliati e perquisiti»

RomaNudo. Sì, proprio così, nudo come mamma l’ha fatto, senza pantaloni e senza mutande, perquisito fino all’estremo come nemmeno più a Guantanamo lo fanno. È successo, pare, a Salvatore Curcio, sostituto procuratore di Catanzaro, sottoposto in primissima mattina a palpeggiamenti estremi e a sbirciatine negli indumenti intimi per ordine dei suoi colleghi di Salerno durante l’ormai famoso blitz fratricida disposto qualche giorno fa dai magistrati campani contro quelli calabresi, in lotta da mesi sul caso De Magistris e sui fascicoli dell’inchiesta «Why Not».
Nudo lui, a nudo anche gli zainetti dei bambini che stavano andando a scuola, una misura giudicata necessaria per controllare che Curcio non avesse avuto l’idea di nascondere nelle cartelle dei figli gli atti giudiziari e i file che i salernitani volevano sequestrare. Chissà, hai visto mai, meglio controllare.
A raccontare l’episodio è stato Enzo Iannelli, procuratore generale di Catanzaro, interrogato in mattinata per due ore dal Csm. Ha confermato pure il procuratore generale calabrese Vincenzo Lombardo: «Al di là del merito, sono le modalità con cui sono state effettuate le perquisizioni ad essere assurde. Quello che è successo non è conforme alle regole non solo del codice ma anche della civile convivenza giornaliera. Speriamo di spegnere l’incendio, però credo sarà difficile».
Martedì toccherà allo stesso Curcio confermare al Csm la storia del suo denudamento. E queste «incredibili modalità» con cui sono state svolte le perquisizioni. E sarà interessante sentire anche cosa hanno da dire i rivali salernitani. Scandalizzati i leader dell’Anm. «Se la cosa fosse vera - scrivono in una nota Luca Palamara e Giuseppe Cascini - si tratterebbe di un episodio sconcertante. Ricordiamo che, nell’esecuzione delle perquisizioni, il codice prevede sempre il rispetto della dignità delle persone, Comunque sia, anche fosse tutta un’invenzione, il fatto dimostra a quale livello è arrivato lo scontro la le due procure. Veleni, sgarbi, una lotta a colpi di sequestri e controsequestri: risultato, due uffici giudiziari paralizzati, al di là della colpa originaria.
Due uffici i cui vertici sfilano per ore davanti alla prima commissione del Consiglio superiore, presieduta da Ugo Bergamo. Sul tavolo i cinque grossi fascicoli già spediti dai salernitani, mentre le carte calabresi arriveranno nelle prossime ore. «Si sono svolte - racconta - audizioni molto serrate e abbiamo raccolto elementi utili. Durante i nostri incontri la tensione è stata notevole ed era palpabile anche la sofferenza in conseguenza degli episodi vissuti che hanno prevaricato la vicenda processuale». Insomma, «è emersa un’inequivoca difficoltà a lavorare».
«Allibito», Nicola Mancino, spiega che «sono emerse delle cose sconcertanti». Il vicepresidente del Csm ha «prontamente» riferito a Giorgio Napolitano sia la decisione della prima commissione che questi particolari più scabrosi. Intanto la storia della perquisizione intima è stata subito contestata al procuratore capo di Salerno Luigi Apicella. «Ma io sono sereno - ha detto già prima di essere interrogato - ho la tranquillità di chi ha rispettato la legge e ha la coscienza a posto». E la perquisizione-blitz? «Dopo innumerevoli tentativi di ottenere quei faldoni da Catanzaro, siamo stati costretti a prendere quell’iniziativa. Non abbiamo violato alcuna norma, né aperto alcun conflitto con Catanzaro. Non abbiamo mai contestato loro la competenza nel trattare Why Not, volevamo soltanto acquisire copia di atti che potevano essere rilevanti in ordine a reati contestati ai magistrati che gestivano il fascicolo.

Se non erano convinti potevano ricorrere al tribunale del Riesame».

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