Derivati, l’Europa punta a una stretta

La riforma federalista che il ministro Roberto Calderoli, per il Governo, presenterà al Consiglio dei ministri darà ai governatori delle Regioni uno strumento importante di politica industriale, quello della leva fiscale. Infatti le Regioni avranno piena autonomia nella gestione dell’Irap, per quanto riguarda le sue aliquote e potranno anche azzerarla. Poiché l’Irap attualmente ha una aliquota del 4,5% elevabile al 5% gravante sul valore aggiunto delle imprese, il suo peso effettivo sugli utili netti arriva al 15% e oltre. È evidente, dunque, che per un’impresa, che paga come imposta statale sugli utili, circa il 30%, il potere di ricevere lo sgravio dall’Irap implica un grosso beneficio.
Ma l’Irap attualmente rende 40 miliardi di euro e senza di essa le Regioni non sono in grado di finanziare la spesa sanitaria. Come sarà possibile che esse azzerino l’Irap? La risposta sta nel fatto che alle Regioni verranno devolute altre risorse tributarie proprie, in contropartita di una riduzione degli attuali trasferimenti di denaro dello Stato. E se alle Regioni sarà conferita una capacità fiscale maggiore dei trasferimenti che esse ricevono, potranno anche ridurre l’Irap, se effettueranno una politica virtuosa nella spesa pubblica.
Dalla bozza Calderoli risulta che le Regioni dovrebbero ricevere avere una addizionale sino al 3% dell’Irpef, l’imposta personale sul reddito, in luogo dell’attuale addizionale dello 0,9 elevabile all’1,4%. È da presumere che lo Stato abbasserà le sue aliquote di 1,6 punti onde evitare che il federalismo fiscale si risolva in un aumento di tassazione. Nel complesso, il gettito dell’addizionale regionale all’Irpef fu, nel 2007, di circa 7mila miliardi. Si può supporre che, con il 3% su tutto il territorio nazionale, le Regioni, con gli imponibili del 2007, potrebbero avere un gettito di circa 20 miliardi, 13 in più di quelli che avevano ottenuto. Almeno la metà di questi 13 miliardi di maggiori entrate potenziali, corrisponderà a minori trasferimenti di denaro da parte dello Stato alle Regioni. Dunque, anche posto che tutte le Regioni adottassero l’addizionale del 3% all’Irpef, con questa entrata non sarebbero in grado di azzerare l’Irap che rende 40 miliardi. Ma dei 40 miliardi che l’Irap diede nel 2007, l’ultimo anno normale prima della crisi, 10 riguardavano il valore aggiunto della Pubblica amministrazione, gli altri 30 riguardavano le imprese strutturate e, per una parte minore, il lavoro autonomo e gli artigiani. Le Regioni potranno applicare aliquote diverse alle diverse situazioni economiche, purché ciò sia fatto con criteri logici e rispettando principi generali di eguaglianza a parità di situazioni. Ad esempio, potranno ridurre l’Irap, per un lasso di 10 o 20 anni per le imprese industriali e turistiche nuove. Potranno stabilire un credito di imposta per i nuovi investimenti. Dunque, considerando le cose da questo punto di vista, l’affermazione che le Regioni potranno azzerare l’Irap e fare una politica industriale mediante gli esoneri fiscali, non appare una «battuta», ma una affermazione dotata di buon fondamento.
Le Regioni «povere» riceveranno un fondo perequativo, commisurato ai costi standard del servizio sanitario e degli altri servizi affidati alla loro gestione. E quindi anche esse potranno ridurre o azzerare l’Irap per le nuove imprese. E dato che l’Irap nel Mezzogiorno dà molto meno gettito che nel Nord industriale, questa manovra per le Regioni meridionali sarà molto meno costosa che per le altre Regioni. Ovviamente, però, le Regioni dovranno scegliere se dedicare più soldi alla sanità e ad altre spese, oppure ridurre le imposte.

E dovranno scegliere tra un’alta addizionale all’Imposta sul reddito l’Irpef con esoneri Irap, o una moderata addizionale all’Irpef senza esoneri dall’Irap.
Si tratta, come si vede, di una grossa riforma di struttura, che comporta, per le autonomie regionali, nuove grandi opportunità e, insieme, una rilevante assunzione di responsabilità.

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