Deroghe scippate? Confusione totale sulla normativa comunitaria. Ricatto italo-italiano per sostenere le proposte governative. Non si vuole che la caccia italiana sia organizzata a livello europeo. Tanto tuonò che piovve: l'assurda conflittualità politico-venatoria che si era innescata per opera di alcune associazioni venatorie nella decorsa legislatura, non permettendo neppure l'approvazione minimale di alcuni articoli di modifica della legge 157/92 dando così fiato alle trombe degli anticaccia, si è trasformata nei primi cento giorni del nuovo governo in un «boomerang» contro tutta la caccia italiana con ripercussioni generalizzate sul settore non solo associativo, ma anche industriale, commerciale, artigianale, forse pure agricolo, come avremo modo di verificare fra qualche mese per il venir meno di quel volontariato gestionale che da tempo ha preso forza proprio nel mondo venatorio a sostegno di un corretto approccio a Natura 2000.
Invero senza le «braccia» e il contributo di «zappa e vanga», che comporta inevitabilmente una partecipazione economica delle associazioni venatorie più lungimiranti che operano nella Face Italia, ben difficilmente si otterranno risultati come fortemente ci eravamo prefissi con il Progetto europeo in atto in questi mesi in tutti i 25 Stati membri dell'Unione.
Vediamo pure come potranno agire le istituzioni nazionali e regionali che dovranno inevitabilmente devolvere contributi e interventi economici in alti settori, facendo rimanere al palo la vera tutela ambientale che non può certo farsi con l'apposizione di cartelli o con proclami di divieti, assolutamente contrari (è questo il bello) ai dettati delle Direttive comunitarie «Uccelli» e «Habitat».
Se poi condiamo questa situazione politica con una mancanza di coordinamento tra le associazioni venatorie in generale e con un'evidente impreparazione tecnica, legislativa, operativa (fatta anche di credibilità politica e personale) di quanti non hanno ancora compreso che il ct Lippi ha vinto la Coppa del mondo per aver saputo organizzare il «gioco di squadra», ci accorgeremo pure che gli interventi «spot» del mondo industriale (salvando ovviamente le eccezioni che, per nostra fortuna, esistono) a difesa dell'economia del settore, sono stati proprio inutili se non negativi, impreparati (come sono) su tutta la materia.
Su questo problema prettamente italiano avremo modo di ritornare se, finalmente, recupereremo il «gioco di squadra» in modo stabile, lasciando da parte la «politica» che nulla apporta di benefico, né da una parte né dall'altra dello schieramento. L'elemento fondamentale è, dunque, fare chiarezza sul «ricatto» europeo, costruito in Italia, trasmesso a Bruxelles e di là, con la solita compagnia dei «furbetti», catapultato in Italia, paese con una storia sempre succube del pensiero d'Oltralpe e incapace di riflettere sul «mendacio» propinato ai nostri governanti e ai reggicode che non mancano mai.
Invero, le istituzioni centrali hanno pensato bene di proporre di normare la materia con un decreto legge (l'urgenza dove sta?), unificando i problemi (Natura 2000 e deroghe) in un unico provvedimento dove il ruolo legislativo regionale viene reso persino subalterno a istituti scientifici (imparziali solo a parole) o alla stessa Commissione Ue con pareri e consultazioni obbligatorie.
Non si è neppure pensato che la Commissione di Bruxelles, delega Ambiente, aveva fin dal marzo 2004 emanato una Guida interpretativa della Direttiva Uccelli, che ben si allinea alla posizione assunta dalle regioni italiane, salvo qualche «sforamento» deprecabile da parte di alcune, ma per il quale non si può condannare tutto il sistema che con attenzione e responsabilità si era costruito in questi anni.
Nel momento in cui scriviamo, informiamo che una lettera in proposito è stata inviata in data odierna al ministro delle Politiche agricole e forestali, Paolo De Castro con firma congiunta del vicepresidente Face, Giovanni Bana e del capo delegazione Face Italia Italo Fanton.
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