La diabetica che preferì morire

Un caso simile a quello di Sassari è avvenuto quasi cinque anni fa. Nel febbraio del 2004 il caso di Maria fece scalpore: la donna, 62 anni, nata e vissuta a Porto Empedocle (Agrigento) e poi trasferitasi a Milano, aveva deciso di tornare nel suo paese d’origine per morire, a causa delle complicazioni di un diabete curato male. Per salvarla era necessario amputarle il piede destro, ormai in cancrena, ma lei aveva rifiutato categoricamente. Inutili gli appelli per convincerla a operarsi, anche da parte di medici, politici e religiosi. I familiari hanno rispettato fino all’ultimo la sua decisione: come avevano previsto i medici, la cancrena al piede è degenerata e Maria è morta, pochi giorni dopo aver lasciato l’ospedale negando il consenso all’amputazione. Un intervento che forse le avrebbe salvato la vita. Il caso aveva suscitato clamore, con l’opinione pubblica divisa tra chi voleva che la donna fosse operata a tutti i costi, anche forzatamente, e chi invece chiedeva che la sua decisione fosse rispettata, anche a rischio della vita. Per l’allora ministro della Salute Sirchia era fondamentale rispettare le volontà del paziente; l’allora sindaco di Milano Albertini aveva scritto una lettera aperta alla donna per convincerla a cambiare idea e farsi operare.

La Procura della Repubblica si era dovuta fermare di fronte a un certificato firmato da uno psichiatra e da uno psicologo: la donna era in pieno possesso delle sue capacità mentali e, quindi, il suo rifiuto di operarsi doveva essere rispettato.

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