Diamo fiducia all’assessore alla Cultura

Dopo Sgarbi ci avevano promesso «una personalità di levatura internazionale» come assessore alla Cultura di Milano. È arrivato Finazzer Flory. E vabbè, poco male se non ha proprio quella auspicata «levatura internazionale». E per la verità nemmeno nazionale. L'importante è che lavori e lavori molto. Anche perché il sindaco Moratti ha assicurato con disarmante franchezza che continuerà ad occuparsi personalmente di quel settore tanto importante per la vita della città e per la sua immagine. Una tutela che potrebbe infastidire una personalità più suscettibile. Ma, conoscendo il temperamento di Letizia Moratti, è la migliore assicurazione che sul neo-assessore verrà esercitata la necessaria pressione. Ma anche, d'altra parte, che ci sarà il massimo impegno possibile per trovare le risorse necessarie, incombenza tra le più ingrate, di questi tempi. Certo la scelta di una personalità con la cultura multiforme e l'intelligenza creativa di un Davide Rampello - tanto per fare un nome - sarebbe stato un segnale più chiaro e forte di qualità e apertura. Ma probabilmente il sindaco non se l'è sentita di togliere Rampello dal vertice della Triennale, dove sta facendo un ottimo lavoro. Anche se non escludo che l'offerta gli sia stata fatta e cortesemente declinata. D'altra parte l'ottima struttura tecnica di quell'assessorato è in grado di assicurare qualità, competenze e continuità anche a un neofita. Dunque bando alle perplessità, ai pregiudizi snobistici e alle bocciature preventive: diamo tempo e fiducia a Finazzer Flory e stiamo a vedere cosa combina. Giudichiamo dalle prime mosse. A questo proposito, non mi scandalizza certo l'idea, poi abbandonata, di una visita pastorale al Leoncavallo, il più famoso, imborghesito e aziendale (ma proprio per questo anche con la migliore produzione culturale) dei centri sociali italiani.

Mi inquieta, semmai, che sia stata la prima idea venuta in mente all'assessore appena nominato: se avesse detto e fatto qualcosa, per esempio, a proposito della mancanza di fondi per il restauro del Duomo sarebbe apparso meno politicamente corretto e meno banale.

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