Diario in pubblico

Me ne rendo conto. Certo che lo so. Siamo in campagna elettorale e subito gli animi si accendono e i toni si fanno alti, striduli, fastidiosi. Le accuse piovono da una parte e dall’altra, e le parti sembra vogliano scannarsi. È tutto un insulto, un’accusa, uno scontro. Le figurine del teatro politico somigliano a quelle marionette della mia infanzia palermitana che se le davano di santa ragione solo per divertire il pubblico.
Poi a un tratto, inaspettatamente, accade qualcosa e tutto cambia, ogni cosa acquista il suo vero valore. L’altro giorno un mio caro amico è andato dal medico per fare un controllo di routine. È un tipo sano, atletico, che fa sport, che non fuma, cammina almeno un’ora al giorno e due volte alla settimana si fa le sue diciotto buche di golf, vale a dire una dozzina di chilometri all’aria aperta.
Il medico gli ha fatto la lastra del torace, e tutto all’improvviso è cambiato. «C’è un addensamento nel polmone destro», ha detto. «Che significa esattamente?», ha chiesto il mio amico. «Non posso dirlo con certezza se non dopo aver fatto la Tac». Lo hanno portato in un’altra stanza, l’hanno infilato nella macchina della Tac, e dopo venti minuti il medico è stato più preciso: un tumore al polmone destro con linfonodi sparsi. Non è operabile perché alcuni linfonodi sono attaccati alla parete toracica. «E allora?», ha chiesto il mio amico. «Allora dobbiamo fare la chemioterapia, quattro sedute consecutive per tre mesi, e sperare che il tumore regredisca, si rimpiccolisca, così diventa operabile». «E se questo tumore non rimpiccolisce?», ha insistito il mio amico. Il medico ha allargato le braccia e poi, seguendo il criterio americano che bisogna dire tutto al paziente, ha concluso: «Possiamo garantire un massimo di due anni di vita». Fine della corsa.
La sera dopo sono andato a cena con lui: mi aveva chiesto di non portare le mogli perché voleva stare solo con me. A un certo punto si è messo a piangere, poi si è ripreso. Non riusciva a darsi pace di essere precipitato in un tunnel dell’orrore senza alcuna colpa, solo perché la pallina della roulette del destino era andata a incasellarsi nel suo numero. «Tutto è saltato in aria: sogni, progetti, lavoro, futuro. Galleggio da due giorni in questa melma appiccicosa che mi è cresciuta attorno in una ventina di secondi, il tempo che quel medico guardasse la lastra e pronunciasse quelle due parole: addensamento polmonare. Due parole apparentemente senza senso che mi hanno cambiato la vita per sempre».
Era questo che lo rodeva dentro: la repentinità di quanto era accaduto. In fondo un concetto sbagliato, perché la vita può cambiare anche in un solo secondo. Lui quel pomeriggio era uscito senza un pensiero triste in testa per andare a fare i normali controlli di routine.
L’indomani mattina, come faccio sempre, ho aperto i giornali e ho iniziato a sfogliarli. Sono rimasto colpito dall’inutilità dei quattro-quinti delle cose pubblicate. Non di questo o di quel giornale, ma di tutti. Gli scontri verbali, gli insulti, le faccine di sempre che si sparano addosso improperi da liceali: che grandiosa manifestazione di inutilità! Addensamento polmonare: queste due parole mi rimbalzavano in testa, insieme alla faccia sconsolata del mio amico travolto dal destino in un pomeriggio assolato di maggio.

***
Dopo due mesi di silenzio, e alla vigilia della mia partenza per la Sicilia, devo dare notizie di Gino, il mio amico che più di un anno fa ha casualmente scoperto di avere un brutto tumore, non operabile, al polmone destro. Devo dare sue notizie perché la mia casella di posta è intasata di mail che mi chiedono aggiornamenti umani e clinici. È il popolo di Gino, quella magnifica, amorosa e numerosissima colonia di amici che lo seguono passo passo da oltre quattordici mesi e ormai sono impazienti di sapere come sta.
Allora, diciamo subito che la prima notizia è positiva: da circa tre mesi il tumore, i suoi linfonodi e le sue metastasi sono ferme. Non diminuiscono ma nemmeno vanno avanti mettendo a rischio tutto. Stanno lì, acquattate e immobili. È una buona notizia nel caso di un tumore aggressivo come quello toccato a Gino, che di solito è molto veloce e micidiale nelle sue conclusioni. Si vede che questa cura di contenimento, come la chiamano gli oncologi, a base di Avastin e di altre sostanze, tra cui anche una chemioterapica, sta funzionando. Risvolto negativo, da quattordici mesi, una volta al mese, Gino ingurgita farmaci chemioterapici sempre più difficili da smaltire ed è molto provato fisicamente. La notizia non buona delle ultime settimane è che Gino s’è beccato una brutta infezione polmonare, probabilmente di origine virale, naturalmente al polmone destro. Ha dovuto sottoporsi quindi a una cura da cavallo di antibiotici che lo hanno ulteriormente fiaccato e smagrito. In più, con il caldo torrido di questi ultimi giorni non può mettere praticamente il naso fuori casa e ha difficoltà a respirare. La notte, soprattutto, è un tormento. Di giorno se la cava con l’aria condizionata, di cui peraltro non può abusare, ma come arriva la sera le cose peggiorano. Lo incrudelisce una brutta tosse che lo accompagna ormai da due mesi, e non gli dà tregua. Gli dà coraggio l’idea che prima o poi anche questa passerà. Per ora dondola tra i fastidi della chemio e i dolori dell’infezione polmonare. Non si è ancora abituato alla difficoltà di respiro che a volte lo spaventa.


La prossima settimana partirà per la Sicilia, e si stabilirà nella sua bella casa a cinquecento metri d’altezza. È un posto bello da vivere e consolatorio. Dove il caldo meno asfissiante e l’aria buona dovrebbero servire a dargli sollievo. Lui ne è convinto. Lui ci spera molto. Tutti ce lo auguriamo.
15 luglio 2010

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