Caro Daniele, massì, evitiamo la manfrina del «lei»; siamo amici da anni e, forse, alcuni libri che stanno nella tua biblioteca ci sono anche nella mia. Pur essendo liberale, non apprezzo particolarmente lord Beveridge, e sono convinto che la spesa sociale non debba soffocare il bilancio dello Stato. L’Italia invece da quasi mezzo secolo, influenzata dal socialismo reale e dalla socialdemocrazia, non ha esitato a indebitarsi per soddisfare le richieste della sinistra tese a ingrossare a dismisura un welfare deresponsabilizzante.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Abbiamo perso fiducia e credibilità a livello internazionale. Perché le nostre uscite, nonostante il perpetuarsi di manovre finanziarie basate su inasprimenti fiscali, continuano a superare gli introiti. E ogni anno i conti non tornano. Dai oggi, dai domani, a forza di versare imposte vieppiù salate, gli italiani (se consideriamo il Pil ufficiale, cioè escludendo quello sommerso) sono diventati i primi contribuenti al mondo. In altri termini, siamo il popolo che paga più tasse. Possibile che questo record anomalo non abbia indotto i governi, compreso quello in carica, a mutare indirizzo: non pretendere sempre di incrementare il cespite fiscale e tagliare, viceversa, l’abnorme spesa pubblica? Tutto qui. Chi ci ha portato incoscientemente al fallimento? Si potrebbero citare nomi e cognomi di premier. Meglio astenersi per non suscitare altre polemiche. Ma una cosa va ricordata agli adoratori della Costituzione: vi è un articolo della Carta che impone al Presidente della Repubblica di non promulgare leggi di spesa prive di copertura finanziaria. Un articolo mai rispettato almeno dagli ultimi sei o sette capi dello Stato, altrimenti nessun esercizio si sarebbe chiuso con un deficit, e ora non saremmo sull’orlo del default.
Non è indispensabile essere economisti per afferrare questo concetto, basta sapere fare il conto della serva. I nostri governanti valgono meno della serva, evidentemente. Tremonti queste cose le sa benissimo, ma è un socialista, e i socialisti danno la precedenza al sociale, poi alla contabilità, perché a loro sta a cuore anzitutto la pace, appunto, sociale. Un modo sicuro per andare a sbattere. Infatti, siamo conciati così. Già dal 2001 sarebbe stato necessario lavorare per smontare il welfare adeguandolo alle nostre risorse. Ciò non è stato fatto e ne soffriamo le conseguenze. Sennonché è profondamente ingiusto chiedere ai cittadini di turare i buchi provocati da un ceto politico che non ha esitato a sprecare denaro, non suo, per comprarsi voti allo scopo di assicurarsi la permanenza nella stanza dei bottoni. Ne sono consapevole. Prediche inutili.
Anche stavolta si è messa mano alla leva fiscale, lasciando pressoché intatto il debito pubblico. Si è curato il sintomo anziché la malattia. Dopo di che, hai ragione tu: mancano ventidue mesi alla scadenza naturale della legislatura. C’è dunque il tempo materiale per correggere la rotta in senso liberale. Ma serve coraggio. Il coraggio di mirare al bene comune, fottendosene del consenso immediato e puntando al risanamento.
Il medico pietoso uccide il paziente, quello impietoso lo può guarire. Berlusconi è in pista da diciassette anni. Dimostri- lui e specialmente quelli che dovrebbero aiutarlo - di essere all’altezza delle aspettative che ha creato in noi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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