L’errore di Monti? «Non aver puntato abbastanza sulla crescita ed essersi fatto bloccare dalle lobby anti-liberalizzazioni». Laureatosi in Bocconi a pieni voti, il presidente di Confimprese, Mario Resca, una vita professionale spesa all’interno della business community - dal gruppo Fiat fino a McDonald’s - ha tutti i titoli necessari per giudicare l’esperienza «politica» di un altro bocconiano come Mario Monti. Anche se proprio al professore è «debitore» del suo primo incarico professionale. «Il giovane Monti - racconta - era l’assistente del mio relatore della tesi, il rettore Giordano Dell’Amore, dopo la discussione mi convinse a fare un colloquio alla Chase Manhattan Bank che apriva in Italia e cercava giovani validi, fu determinante».
Presidente Resca, molti economisti accademici, a partire dal professor Piga, hanno criticato il premier. Lei che ne pensa?
«Mario Monti ha un’esperienza brillante di professore, conosce bene l’economia. Ma, come diceva mia nonna, l’esperienza vale più della scienza: chiedere soldi a un sistema che è già in difficoltà toglie ossigeno all’economia».
Che cosa sarebbe necessario?
«Manca un disegno di sviluppo. Se il Pil va verso un -0,5% l’anno prossimo, bisogna adoperarsi per farlo crescere. Non bisogna mortificare il sistema delle imprese, ma togliere il potere alle lobby delle corporazioni a partire da farmacisti, tassisti, notai. Hanno un costo enorme che tutti noi paghiamo».
E poi?
«Bisogna mettere in efficienza la macchina statale, una burocrazia antiquata è un elemento negativo per la ripresa perché disincentiva le aziende, sia italiane che estere, a fare business».
E il governo Monti ha la forza per fare tutto ciò?
«Sì, perché i partiti hanno l’alibi dell’esecutivo tecnico per l’impopolarità di alcune scelte. Ma se i singoli componenti dell’esecutivo iniziassero a pensare alla prosecuzione della loro carriera politica, allora ricadremmo in un circolo vizioso. Infatti la popolarità del governo è diminuita».
Insomma, serve la «fase 2».
«Fase 1 e fase 2 dovevano stare insieme».
Manca un sogno o manca un piano di ristrutturazione con annessi tagli del personale?
«Sono specializzato nel risanamento di imprese in difficoltà e posso affermare che aumentare i ricavi è più decisivo che tagliare i costi. Da commissario Cirio la prima preoccupazione è stata riportare i pelati sui banconi dei supermarket, mentre da direttore generale dei musei ai Beni Culturali posso affermare che i visitatori sono cresciuti del 16%, nel 2010, e del 9,8%, quest’anno, senza licenziare un dipendente. Manca un sogno, ovviamente realizzabile».
Confimprese aveva lanciato l’allarme consumi già prima di Natale.
«Il punto è proprio questo: i consumi sono calati perché la gente è spaventata, teme un ulteriore peggioramento e non spende. Ecco perché servono le liberalizzazioni, a partire da quelle degli orari dei negozi, farebbero emergere una nuova categoria di giovani imprenditori».
La cessione dei beni pubblici
«Siamo un Paese indebitato nel quale purtroppo i creditori comandano. Vendiamo pure i beni di famiglia, ma ricordiamoci che ci sono troppe aziende pubbliche gestite male».
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