SavonaAmante dei videopoker al punto da indebitarsi, intrecciare una relazione extraconiugale con un tabaccaio, minacciarlo di raccontare tutto e quindi di far cadere il matrimonio di lui, uomo sposato e padre di due bambini. Potrebbe essere questa una chiave di lettura dell'efferato omicidio di Francesca Bova, la ventinovenne, madre di un bimbo di appena 8 mesi, massacrata con un'arma che ancora non si trova e poi abbandonata in un freddo scantinato di un palazzo di via Milano dove abitava con i genitori a Borghetto Santo Spirito, cittadina del Ponente savonese. Una ragazza con storie d'amore travagliate alle spalle. Un matrimonio con un ragazzo marocchino naufragato, una relazione con un altro uomo dal quale ha avuto un bimbo finita da un pezzo.
Per dimenticare tutto Francesca aveva iniziato a giocare ai videopoker, diventata la sua passione e forse per questo motivo ha pagato con la vita. Qualche debito, qualche soldo chiesto in giro e favori ricevuti in cambio anche dal tabaccaio ora in carcere in stato di fermo. Lui, Marco Francesco Virgilli, un trentaquattrenne di Borgio Verezzi, titolare di un'avviata tabaccheria di corso Europa a Borghetto Santo Spirito aveva rapporti con la vittima. Questo lo hanno accertato i carabinieri anche se Marco, durante gli interrogatori, si è mostrato reticente. Lui l'aveva cercata probabilmente con l'intenzione di sistemare qualche conto lasciato in sospeso. Francesca Bova l'ha respinto e forse minacciato di raccontare tutto in giro. Una situazione che avrebbe compromesso sicuramente la vita dell'esercente. E così quell'incontro nell'atrio del palazzo potrebbe essere degenerato sfociando in tragedia. Ipotesi al vaglio degli inquirenti, che però sembrano trovare sempre nuovi riscontri.
A scoprire il cadavere della donna è stato un inquilino. Era sceso nelle cantine del palazzo dopo che un improvviso black out aveva fatto saltare la luce nel suo appartamento. Da lì sono ripartiti i carabinieri, che hanno ricostruito la vita della vittima. E poi quella del principale sospettato.
Dopo la separazione dal marito marocchino, una storia d'amore lasciata alle spalle con un secondo compagno dal quale aveva avuto un bambino, Francesca Bova, figlia di una coppia di meridionali trapiantata al Nord, viveva con loro al condominio «Gardenia», un palazzo di cinque piani nel cuore della cittadina rivierasca. Lui, invece, è un tabaccaio incensurato, ora accusato di essere il presunto autore dell'efferato delitto, persona che tutti conoscono. È rinchiuso in carcere a Savona in attesa di essere interrogato dal giudice per le indagini preliminari Donatella Aschero.
I carabinieri del reparto operativo provinciale e della compagnia di Savona, coordinati dal colonnello Olindo Di Gregorio e dal capitano Olindo Di Gregorio non hanno chiuso occhio per tutta la notte. Hanno sentito amici e parenti e concentrato i sospetti sul tabaccaio. Sono arrivati a lui stringendo il cerchio delle frequentazioni della donna, ma anche analizzando i tabulati del suo telefonino cellulare. È stato lui tra gli ultimi ad averla cercata. Interrogato a lungo in caserma dal sostituto procuratore della Repubblica di Savona Ubaldo Pelosi non ha ammesso il delitto ma «nel corso dell'interrogatorio, l'uomo ha reso dichiarazioni compatibili con il quadro accusatorio - ha riferito il pubblico ministero - Siamo arrivati alla sua individuazione indagando tra la cerchia di amici e soprattutto sulle ultime frequentazioni della giovane». Lavvocato Luca Siccardi che difende Virgilli frena però sulla rapida chiusura del caso: «Il mio assistito nega ogni addebito e lo diremo anche davanti al gip Aschero. Posso anche dire che non conosco ancora gli atti dell'accusa, siamo solo agli inizi e tutto deve essere ancora valutato nei dettagli».
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