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Dida, da paratutto a portiere gruviera E Crespo conferma

La sera del petardo nel derby è cominciata la sua crisi. Ieri due gol del bomber al Brasile hanno ribadito il momento no del numero 1

Franco Ordine

Forse non è più il caso di far finta di niente. Perché gli indizi che fanno una prova sono più dei canonici tre e si inseguono, uno dopo l’altro, dalla notte del petardo, sfida di ritorno dei quarti di finale di coppa Campioni a San Siro, Milan-Inter 1 a 0 con gol aggirante di Shevchenko. Da quella notte Nelson Dida, il gattone con gli stivali, il portierone dei miracoli rossoneri, non è più stato lui. Lo hanno discusso, appena appena, per evitargli una ingenerosa critica, dopo la sera di Eindhoven, semifinale e passaggio fondamentale per Istanbul. Lo hanno messo ufficialmente sotto processo (Tacconi dixit) dopo Milan-Juve dell’8 maggio insieme con Stam, il muro olandese alzato in precedenza, per spiegare quella sconfitta decisa da una rovesciata di Del Piero e dal colpo di testa di Trezeguet. Lo hanno brutalmente scaricato dopo Istanbul. Dejan Savicevic, indimenticato genio rossonero, lo ha detto a muso duro: «Tutta colpa sua i gol di Istanbul ed anche quello preso con la Juve. Era zero, era molle». Senza peli sulla lingua, come al solito, Ringhio Gattuso. «Come si fa a prendere gol con un tiro da 20 metri?» chiese impietoso la mattina dopo la sconfitta col Liverpool.
Ma altri, dal commentatore Massimo Mauro, a Galliani e ad Ancelotti, non ebbero dubbi neanche sul primo gol di Gerrard. «Non possiamo metterlo al muro» raccontò in privato Ancelotti che il problema deve porselo. «Io so cosa significa perdere tutto per una parata discussa» chiosa Luis Suarez e la sua memoria corre incontro all’anno di disgrazia interista quando al ritorno da Lisbona (finale persa contro il Celtic), la grande Inter di papà Moratti perse anche lo scudetto, dirottato alla Juve di Heriberto, con una papera sul palo della porta, a Mantova. Giuliano Sarti lasciò Appiano Gentile, dopo quell’episodio, un anno alla Juve prima di ritirarsi a Firenze. «Certe sconfitte lasciano il segno» insiste Suarez. E forse si aspetta da un momento all’altro che il Milan liquidi Dida.
Le notizie che rimbalzano dall’altra parte del mondo, non mettono tranquillo il Milan che pure si gode le cifre dorate di Shevchenko (31 reti complessive dalla sua stagione segnata da una serie di disgrazie) e di Crespo (23 le reti) in gol, con due sigilli, anche in Argentina-Brasile (3-1) e protagonista della bastonata rifilata sulla schiena del dream team brasiliano «che ha ricevuto una lezione di calcio». I giornali sudamericani, che annunciano la qualificazione dell’Argentina al mondiale di Germania, vanno giù pesante segnalando «la pochezza della difesa carioca» definita «spaventosa», con Roque Junior «assolutamente inadatto», censurata anche la prova di Cafu che difensore puro non è mai stato. Naturalmente Dida non se la cava meglio. E non solo perché ha responsabilità diretta sul secondo sigillo argentino, firmato da Riquelme. Crespo lo «buca» due volte e lui fa finta di niente perché da sempre, anche nei giorni del Dida paratutto, la misura e il senso dell’equilibrio restano le sue virtù migliori. Ma il punto è un altro. Il Milan deve interrogarsi sul Dida che gli resta dopo Istanbul. «Le vacanze gli faranno bene» fanno sapere da via Turati.

Ma più che un pronostico secco e convinto sembra una speranza.

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