Cronaca locale

Dieci anni nel segno di arte e celluloide

Il destino di questo palazzo di via Vittorio Veneto al 2 è singolare: molti milanesi ricorderanno di averci visto «Germania anno zero» di Rossellini nell'immediato dopoguerra e altri ancora magari lo stesso film, mezzo secolo dopo, in una rassegna organizzata dalla Fondazione Cineteca Italiana. Dal 1917 al 1978 infatti il Cinema Giardini fu, oltre che uno dei più antichi, tra i più frequentati locali di seconda visione di Milano. Poi divenne, come molte altre sale milanesi in quel periodo, un locale a luci rosse. Fino al 1992, anno nel quale terminò l'attività e si trasformò in un palazzo abbandonato, trascinando nella propria decadenza anche lo spazio antistante di piazza Oberdan. Ma nel 1999 il palazzo rinacque, grazie alla ristrutturazione di Gae Aulenti e Carlo Lamperti, per essere trasformato in quello che oggi i milanesi conoscono come Spazio Oberdan, centro polivalente della Provincia che ospita la Fondazione Cineteca Italiana e uno spazio espositivo per l'arte contemporanea. Dieci anni in cui nella ex galleria del cinema Giardini dedicata alle mostre, i milanesi hanno potuto trovare le opere dei più grandi nomi dell'arte contemporanea globale, tra cui, per citare soltanto l'anno passato, William Kentridge, John Cage, Yoko Ono, Joseph Beuys. Tra gli ultimi eventi ricordiamo le antologiche dedicate a storia e trasformazione del più celebre gruppo della musica pop (Beatles 68), tra copertine discografiche, spartiti, acetati, rarità autografate, giornali, riviste, libri e 45 giri, cover, manifesti, locandine, oggettistica e memorabilia per focalizzare il ruolo dei Fab Four negli anni della contestazione; a un maestro dell'immagine e della fotografia di «rottura» utilizzata come provocazione e installazione come Franco Vaccari (Col tempo); al grande «stimolatore del pensiero», artista, architetto e filmmaker Alfred Jaar, (It is difficult), per il quale lo spazio si è allargato oltre i suoi confini, usando come sede supplementare Hangar Bicocca e invadendo la città con il progetto di arte pubblica «Questions Questions». Il 20 maggio, per parlare del futuro, ci attende l'inaugurazione della mostra dedicata all'arte contemporanea latinoamericana e curata da Philippe Daverio e in autunno un'antologica per Gabriele Basilico. Tra i curatori di questi dieci anni di arte all'Oberdan c'è la storica e critica d'arte Gabi Scardi: «L'obiettivo dello spazio è sempre stato quello di fare ricerca più che puntare al botteghino, e facilitare con un adeguato programma di incontri l'accesso del pubblico ai codici. Il ciclo “Perché non parli?”, una serie di conferenze e conversazioni sull'arte con storici, critici e curatori o mostre come “Wherever We Go” (nel 2007, l'esposizione presentava 22 artisti di provenienza molto differente - dall'Albania al Sud-Est asiatico, al Medio Oriente - accomunati dal fatto di vivere in Paesi diversi da quelli in cui sono nati) sulla mobilità dell'identità culturale hanno avuto il ritorno che ci aspettavamo». E dieci anni dopo anche la Fondazione Cineteca Italiana celebra con chilometri di pellicola la sua attività nella sede ritrovata, da oggi fino al 24 maggio con la manifestazione «Oberdan 10 e lode».

Oggi è la sede di alcune rassegne che sono diventate un appuntamento fisso per migliaia di milanesi, come Suoni e Visioni, Sguardi Altrove, Piccolo Grande Cinema per i ragazzi, Il cinema italiano visto da Milano.

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