«Dieci minuti di ritardo? Mandato nell’ufficio sbagliato»

«Dieci minuti di ritardo? Mandato nell’ufficio sbagliato»

Sembra un film di Sherlock Holmes. Tutti a caccia di indizi e spuntano tesi di complotto. Chi a Palazzo Marino ha visto esattamente che la busta del rappresentante legale della Srei, il fondo indiano che avrebbe offerto 425 milioni di euro per acquistare un terzo della Sea, quaranta in più del fondo F2i che se l’è portata a casa, avesse l’indirizzo via Pellico 17 scritto in caratteri cubitali sulla busta. E la busta, «aveva il logo del Comune, come mai?». Il giallo parte da Palazzo Marino, appunto. Dove il protagonista Vinod Sahai assicura di essere arrivato alle 9.50. La sede della società è in corso Venezia, gli advisor hanno lavorato fino all’ultimo all’offerta, «abbiamo alzato di 5 milioni, da 420 a 425 perché Sea è un affare sicuro e quello è il prezzo giusto, noi siamo operatori non investitori, lo scalo è già il numero uno in Italia ma lo avremmo portato a livelli più alti costruendo una cargo city, portando nuovi vettori». Con la busta più pesante in mano si diretto in piazza Scala a piedi, «non possiamo neanche dare la colpa al traffico». Per preparare il dossier, nelle scorse settimane ha partecipato a riunioni con rappresentanti di Sea e Serravalle, «sempre a Palazzo Marino». Ma i portieri lo hanno indirizzato all’Ufficio protocollo di via Pellico 16. Si sarebbe ostinato per un attimo, «è qui, chiamo il dg Davide Corritore». Poi via di corsa verso via Pellico, passando da via Manzoni. Alla Ragioneria le istruzioni date ai commessi sono tassative: chi arriva entro le 9.45 - a quindici minuti dalla scadenza - va accompagnato al quarto piano per sigillare i plichi. Gli advisor del fondo F2i arrivano alle 9.40. Dalle 9.46, l’operazione viene spostata al primo piano per velocizzare i tempi. E Sahai assicura, fa anche verbalizzare quando la commissione dichiara non ammissibile la busta, che si trovava nel palazzo «alle 9.55». Riferisce di aver aspettato «5-6 minuti il commesso», poi è salito al primo piano ma tra compilazione di documenti e protocollo della busta il tempo è scaduto. Riferisce che «la responsabile del settore, Mariangela Rimoldi, ha verificato con me che mi ero presentato a Palazzo Marino alle 9.50. Chiedo che questo sia verbalizzato», aggiunge poi che «mi è stato detto che l’offerta poteva essere ammessa». A Palazzo confermano sia il passaggio alle 9.50, sia la verifica successiva con la funzionaria. Manca, a quanto pare, la stesso controllo - e più significativo - al Palazzo della Ragioneria. C’è l’ipotesi che l’offerta non fosse comunque ammissibile, fatta per far montare la polemica. Il Pd ci vede «lo zampino del Pdl».

Ma tra assessori e consiglieri (anche della maggioranza) si rincorrono battute per tutta la giornata. «Per uno scambio di via e 10 minuti di ritardo - sintetizza il leghista Matteo Salvini - togliamo ai milanesi 40 milioni e ci rendiamo ridicoli nel mondo».

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