Ma dietro al folklore una missione d’oro

RomaC’è tanta sostanza dietro il folklore: accordi, partecipazioni, commesse, grandi lavori. Non è solo il petrolio, con la presenza sempre più importante dell’Eni, né l’autostrada che ventuno imprese italiane costruiscono sulla costa libica come «riparazione» dei danni di guerra. O le partecipazioni in Eni e Unicredit. Nel menu dei colloqui italo-libici si parla anche di ferrovie, di rete elettrica, di metropolitana, di difesa. In ballo, decine di miliardi di euro.
Non si entrerà nel dettaglio di questi temi stasera, alla cena per ottocento invitati allestita alla caserma «Salvo d’Acquisto» di Tor di Quinto. Silvio Berlusconi e il leader libico Gheddafi terranno i discorsi ufficiali per celebrare i due anni del «Trattato di Bengasi». Ma fra gli ottocento invitati, gli imprenditori faranno la parte del leone, e tutti pensano alle opportunità dischiuse per le loro aziende in Libia. Un paio di esempi: l’Italia potrebbe inserirsi nei contratti per la costruzione della rete ferroviaria libica, tremila chilometri in tutto e duemila lungo la costa, finora appannaggio di Russia e Cina. In ballo la cosiddetta direttrice Est-Ovest di 800 chilometri, non solo per i tracciati (grandi imprese di costruzione come Impregilo, Trevi e così via) ma anche per il sistema di segnalazione (leggi Ansaldo). Tripoli ha inoltre grandi pieni di sviluppo della rete elettrica, centrali e sistemi di produzione, per i quali il governo libico ha da investire 8 miliardi di euro nei prossimi cinque anni. Terna è in gara. Fra i dossier d’affari aperti, quelli che riguardano la metropolitana di Tripoli e l’ammodernamento dell’aviazione militare.
Si capisce, dunque, perché l’imprenditoria italiana è molto interessata alle nuove relazioni italo-libiche. Alla cena di stasera è stata inviata l’intera giunta della Confindustria, che comprende circa 200 imprenditori. Fra i «big» non dovrebbero mancare il presidente della Fiat John Elkann, i banchieri Cesare Geronzi e Alessandro Profumo, Paolo Scaroni (l’amministratore delegato dell’Eni, che ha annunciato l’intenzione di investire 25 miliardi in Libia, potrebbe avere un incontro riservato con il colonnello, ma la voce è da confermare). E ancora Fulvio Conti e Piero Gnudi dell’Enel, Pierfrancesco Guarguaglini di Finmeccanica, Massimo Ponzellin, presidente della Popolare di Milano. Emma Marcegaglia è in forse. In ogni caso l’elenco è sterminato.
Tripoli ha scelto l’Italia come uno dei Paesi preferiti per i propri investimenti. È il principale azionista della maggiore banca italiana, l’Unicredit, ma anche azionista importante della Juventus. Molti i colloqui in corso, fra cui l’aumento della partecipazione libica nell’Eni.

Sono i risultati tangibili della «diplomazia del commercio» inaugurata da Berlusconi. Ma oggi si parla anche di cultura e di ricerca, di una Università italo-libica e del progetto teatrale «memoria del futuro» che i due leader presentano nel pomeriggio all’Accademia libica.

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