Dietro le quinte Goldman troppe parti in commedia

Si dice che la colpa dell’omicidio non sia del coltello ma di chi lo usa. È vero, ma ci sono dei casi in cui parte della responsabilità deve ricadere anche su chi il coltello lo fabbrica e lo vende, essendo consapevole dell’intenzione del cliente di utilizzarlo per un crimine. Le «armi del delitto» protagoniste del «processo» iniziato martedì davanti al Senato americano, sono le complesse architetture finanziarie congegnate dall’«imputato» su cui pendono le accuse più gravi, vale a dire la potentissima banca d’affari americana Goldman Sachs. La coincidenza temporale colpisce: proprio mentre i dirigenti della banca sfilavano impassibili nella lunghissima (undici ore) audizione davanti ai senatori Usa, per un curioso caso del destino, dall’altra parte dell’oceano, in Europa, si succedevano febbrili gli incontri per tentare di mettere una pezza sul buco nei conti della Grecia che, guarda caso, si era servita proprio della creatività della Goldman per occultare in passato parte dei propri debiti, contribuendo a un inganno ai danni dei risparmiatori che hanno sottoscritto i titoli del debito greco. Lo schema era così congegnato: con un contratto di scambio di flussi finanziari Goldman era riuscita a «migliorare» artificialmente i conti della Grecia per un miliardo di euro, ciò ha consentito allo stato ellenico di vendere sul mercato un grosso quantitativo di titoli di Stato a buone condizioni, dato che il pubblico pensava di aver a che fare con uno Stato dai conti in ordine. Le vendite di titoli poi, sempre casualmente, venivano curate dalla stessa Goldman Sachs che alla fine è stata riccamente remunerata dal tesoro di Atene per i suoi servigi, con commissioni superiori ai 700 milioni di euro per il collocamento dei titoli dal 2002. Di certo i problemi della Grecia non originano solo da queste operazioni, ma è proprio la disinvoltura nel rivestire il doppio ruolo di colui che appresta lo strumento finanziario potenzialmente ingannevole e in contemporanea di colui che vende e consiglia i titoli al pubblico, a pesare come un macigno sulla reputazione di Goldman, ormai oggetto nei media americani di feroci battute, come quella che attribuisce alla banca la responsabilità dell’eruzione del vulcano islandese per fare soldi speculando al ribasso sulle aviolinee. Si sospetta infatti che con le difficoltà della Grecia qualcuno, vicino a Goldman, stia lucrando ricchi profitti, scommettendo sulla debolezza di Atene, debolezza che la banca stessa aveva contribuito a mascherare (e che quindi ben conosceva). I dirigenti della merchant bank davanti al Senato hanno negato ogni responsabilità argomentando principalmente che «se i clienti domandavano qualcosa era nostro preciso dovere fornirgliela». Se, in linea di principio, in caso di investitori professionali che si suppongono informati questo può essere vero, risulta però complicato giustificare situazioni come quella messa sotto inchiesta dalla Sec (l’organo di vigilanza del listino americano) dove pare che Goldman abbia fatto scegliere a un suo cliente i titoli che lui riteneva peggiori, consentendogli di speculare sul ribasso dei loro prezzi, mentre dall’altra parte sbolognava questi rifiuti ad altri, dicendo loro semplicemente che «erano stati selezionati da un gestore indipendente».
In pratica è come se al venditore di coltelli uno domandasse una lama adatta per tagliare la testa a qualcuno e, dall’altra parte, lo stesso venditore invitasse un altro ad appoggiare la fronte sul ceppo per sentire com’è levigato il legno. Un po’ difficile poi, dopo che la testa è rotolata via, alzare le mani dicendo che hanno fatto tutto gli altri. In un momento difficile come l’attuale poi, dove si chiede per l’ennesima volta ai contribuenti di mettere le mani al portafoglio per evitare danni peggiori sui mercati finanziari, si può capire come il livello di tolleranza sia basso.

Goldman Sachs, che non si è mai distinta per simpatia e che, dopo essere stata aiutata dallo Stato nel 2008 (aiuti poi restituiti), ha pagato l’anno scorso 16 miliardi di dollari in «bonus», se dovesse risultare «colpevole» questa volta rischia davvero la punizione esemplare.

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