Sergio Noja Noseda
Qualche giorno fa larticolo «E in Tunisia sfidano la legge per indossarlo» ha descritto alla perfezione la situazione del velo indossato dalle donne in questo paese con una perfezione assai rara. Oggi in materia dislam tutti parlano e molti purtroppo scrivono. Alcuni scrivono dellislam come un marziano descriverebbe i terrestri cattolici dopo aver letto San Tommaso, altri in totale ignoranza. Altri ancora ne scrivono essendo nati e cresciuti in terra dislam e poi emigrati così come avrebbe descritto il cattolicesimo, e magari i temi discussi nel Concilio Vaticano I, un calabrese emigrato a Cincinnati allinizio del secolo scorso.
Ho letto che la religione islamica non si può modificare mentre le fatwa, da noi comunemente ritenute condanne a morte, servono proprio a questo e che Maometto ha imposto il velo mentre il Corano prescrive in realtà le mutande.
E a proposito di velo do più che volentieri la mia lode a Marcello Foa il quale ha ben colto nel segno quando afferma che laumento continuo delle donne che portano il velo in Tunisia non solo è, nella gran maggioranza dei casi, del tutto volontario ma è sostanzialmente unostentata affermazione visiva. È voler dichiarare: io sono musulmana, questo è solo un simbolo della mia fede, della mia pulizia morale nei confronti della legge del Signore!
È da una trentina danni che nel mondo musulmano, e in particolare in quello arabo, si è diffuso quellabbigliamento che abbiamo spesso sotto ai nostri occhi consistente in uno spolverino tipo impermeabile e nel foulard che raccoglie i capelli nascondendoli alla vista. Ebbene questabbigliamento non esiste nella tradizione arabo-musulmana e gli indigeni hanno coniato un neologismo che va tradotto «abito islamico». Come quasi sempre nei neologismi il popolo ha centrato il problema: è unaffermazione di islamismo che dal punto di vista sociologico può essere paragonato allabbigliamento della vedova che vuole «dimostrare» il proprio dolore. Il suo fondamento sta in una vera e propria mutazione dellatteggiamento delle élite arabo-musulmane nei confronti dellOccidente.
Tra il 1850 e il 1950 gli appartenenti a queste élite iniziarono a mandare nelle Università europee i loro figli. Questi ultimi si sentirono in dovere di dare delle spiegazioni ai loro compagni occidentali in materia di norme islamiche che, almeno allinizio, essi seguivano.
La spiegazione classica era questa: non potendo Iddio, o non volendo considerato che è onnipotente, parlare di igiene mille e cinquecento anni fa, pose lobbligo di lavarci prima della preghiera. Così per le prosternazioni durante la proibizione del maiale e dellalcool dato che, dicevano agli amici, in terre calde come le nostre, possono solo far male.
Negli anni legati al fallimento della spedizione anglo-francese per il canale di Suez il dogma della superiorità militare dellOccidente andò in pezzi comportando un rialzare della testa e del pensiero degli indigeni.
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