di Vittorio Sirianni
Bella, divertente, spregiudicata, imprevedibile, sincera. Che più? Si chiama Eleonora dUrso, 37 anni, napoletana, è arrivata a Genova (insieme al suo inseparabilissimo compagno Massimo Chiesa) e diventerà uno dei «manager teatrali» più significativi, essendo condirettrice (appunto con il suo Massimo) e fondatrice della nuova compagnia «The Kitchen Company» e neo direttrice del TKC Teatro della Gioventù conquistato dopo non poche polemiche per sei anni.
Nasce a Napoli nel 75. Il papà è un ricco avvocato napoletano, di quelli che contano, la mamma è la «moglie di un ricco avvocato notabile» (come dice lei), che si separa però rapidamente. Lei, bella e sbarazzina, a 15 anni è già sul palcoscenico. A 18 anni scopre la Tv e fino a 25 la percorre in lungo e in largo, soap, fiction, commedie, quale giovane attrice domina la scena televisiva. Anni di quattrini, anche di successi, ma soprattutto di delusioni forti. Tantoché a 26 anni straccia un contratto con Mediaset, scappa in America dove inizia a fare esperienze cinematografiche. Torna in Italia, tre anni di «fame», rifiuta testardamente una Tv che non le piace e inizia la grande passione per il teatro. Ma sono gli anni anche del grande amore: a Roma conosce Massimo Chiesa, e si innamora e non lo lascia più.
Anzi, con lui inizia un sodalizio professionale che li ha portati proprio oggi a Genova con questa iniziativa del Teatro della Gioventù tanto affascinante, quanto coraggioso e incerto. Ma lamore supera ogni ostacolo.
Eleonora, una giovinezza la sua da...
«Da sognatrice! Ma anche da lavoratrice. Mi sono diplomata al Centro Sperimentale per la Cinematografia di Roma, in quegli anni ebbi una borsa di studio per il Teatro di New York... Insomma sognavo, ma mi davo anche da fare».
Quali sono stati i momenti decisivi della sua vita?
«Ogniqualvolta mi sono trovata a scegliere un lavoro. Ho sempre rifiutato proposte di livello mediocre, come sono oggi molti in televisione. Preferivo lasciar perdere. Non guadagnare, ma non abbassarmi a certi livelli».
Per una donna oggi è difficile fare carriera?
«Per le donne che valgono, che hanno valori è difficilissimo. Per quelle che vediamo in Tv facilissimo. Posso essere un po provocatrice? Dicono: se cè riuscita la Carfagna...».
Visto che siamo in Tv, parliamo del suo rapporto con la sorella Barbara, che della Tv è regina assoluta. Perché tante polemiche, anche tanto astio nei suoi confronti?
«Guardi, il nostro rapporto si è rotto da quando Barbara ha avallato tutto quel sistema televisivo che conosciamo. Lo ha sposato in pieno, ecco io che ho fatto tanta televisione, lho poi rifiutata, era insopportabile. Invece lei no...».
Ma Barbara ha avuto successo...
«Quel tipo di successo, in quel mondo, con quegli sfondi. Il fatto che gli sia piaciuto e vi ci sia immersa completamente io non lho sopportato».
Anche lei ha lavorato ad esempio con la Carrà...
«Scusi, ma vuol paragonare la Carrà con le donnine di oggi? Che non sanno far nulla, né ballare, né cantare, né recitare. Guardi, la dignità umana e professionale vale per me troppo...».
Ma scusi, Eleonora, ma perché queste che non sanno far niente, non dovrebbero andare a... non far niente? Chi le chiama vuole che non facciano niente? Colpa loro, forse?
«No, certo. Ma tutto sta nella dignità personale. Io mi sono allontanata da quel mondo, dove potevo starci benissimo e guadagnare bene, perché ritengo che ognuna di noi debba avere anche un certo pudore nelle sue scelte di vita».
Così, sua sorella Barbara, è una sorella senza pudore?
«Non dico questo, certo il suo mondo non mi piace».
Lei, Eleonora, si sente una donna colta?
«Per carità. Sono inadeguata, sempre e ovunque. Pensi che sto leggendo furiosamente tanti libri, ho bisogno di modelli di riferimento. Sento la necessità di imparare a parlare bene...».
Qual è la cosa che sa fare meglio?
«Mi sbilancio: amare il mio compagno in modo totale. Nella pazienza, nellascolto, nella condivisione. In tutto».
Eleonora dUrso di cosa ha paura?
«Del buio, del panico, della grande folla. E poi la paura di non saper gestire la nostra moralità».
Se lei fosse uno dei sette peccati capitali?
«Metà lussuria, metà gola».
Cosa le piace di più nel corpo di un uomo?
«Gli occhi. Raccontano tutto».
Come si rilassa?
«Le confesso una cosa curiosa: mi rilasso leggendo libri mentre camminano. Faccio delle lunghe passeggiate leggendo... Massimo mi dice che un giorno mi troverà in un fossato».
Le rimangono 12 ore di vita. Che fa?
«Continuo a fare quello che ho sempre fatto. Non ho idee sul dopo morte. Penso spesso alla morte, perché può succedere di chiudere lesistenza da un momento allaltro. Morire è comunque un peccato per chi crede che esista solo la vita. Mi dispiacerebbe soprattutto per chi mi vuole bene».
Da che cosa dipende, secondo lei, la felicità?
«Dalla capacità di gestire la propria vita».
Ucciderebbe per un ideale?
«Le dirò, leggevo tempo fa una lettera di Rosa Luxemburg. Mi piacerebbe poter combattere per lideale della Patria, far morire per amor patrio. Per quellideale dei nostri nonni, sì lo potrei fare. È che oggi che Patria abbiamo...».
Vendetta o perdono?
«Purtroppo sto imparando a perdonare».
Lei dice «basta» a che cosa?
«Dico basta alla volgarità, a chi continua a dire che tutto va bene, che il teatro non sta morendo (invece sì...)».
Con quale desiderio si è svegliata stamattina?
«Con la voglia di dormire».
Lei preferirebbe fare lamore in un albergo a 5 stelle o in una capanna sulla spiaggia?
«La location non garantisce la riuscita. O no? Non è il posto dove si fa lamore, ma come lo si fa».
Qual è il peggio che le possa capitare?
«Sicuramente qualcosa di brutto che può capitare a Massimo, lunica persona che conta nella mia vita».
Che rapporto ha con la nostalgia?
«Sono vergognosamente nostalgica. Tanto per tornare alla Tv, momenti di una Mina, i ricordi di grandi attori, non le taroccate di oggi».
E dai con questa Tv! Eleonora, ci sono anche gli altri, al mondo?
«Soprattutto gli altri, la vita è un costante confronto con gli altri, meno male che ci sono».
Come vorrebbe morire, Eleonora dUrso?
«A 90 anni, nel sonno, ma dopo aver mangiato bene».
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