Barroso parla di «coordinamento senza precedenti», Sarkozy di «piano ambiziosissimo» al cui compimento, tra laltro bisognerà «che qualcuno paghi le conseguenze» del suo male agire. Ma le assicurazioni che si forniscono al termine del summit parigino di ieri non cancellano un paio di domande: esiste un piano B? E soprattutto: lEuropa, a questo punto nano anche economico oltre ai già noti deficit strutturali politici e militari, possibile non sia riuscita a fare di meglio?
Al secondo interrogativo replica - inatteso - Silvio Berlusconi. Alza le spalle il premier italiano e confida: «Siamo in 27 Paesi senza le regole che si erano messe a punto nel trattato di Lisbona. Un presidente di turno per soli 6 mesi, il principio dellunanimità...». Logico, insomma, che quando il discorso si fa scottante, emergano i distinguo e i veti sussurrati a mezza bocca. Prendete la Merkel: lanno prossimo la attendono le elezioni. Perché andare a impelagarsi con il salvataggio di banche di altri Paesi quando in Germania già ci si lamenta della cura del rigore da lei condotta? E che dire degli irlandesi che con una mano affondano il Trattato costituzionale e dallaltro decidono il salvataggio delle loro banche, ignorando che il fenomeno era comune, e finendo per fare infuriare i cugini britannici, alle prese - per circa una settimana - con una inattesa e pericolosa concorrenza ai depositi dei cittadini della Gran Bretagna?
Gira che ti rigira, mai come oggi ognuno è tornato a guardare al proprio particolare, infischiandosene degli altri soci e soprattutto abolendo un tabù che sembrava intoccabile: il no agli aiuti di Stato. Era il «credo» recitato ogni giorno nei sacri palazzi di Bruxelles. Lordine imperativo cui tutti dovevano sottostare. Da ieri è carta straccia. I governi sono anzi invitati a evitare il coma dei loro istituti di credito, comprandone azioni, fornendo loro liquidi e financo impadronendosene. A condizione di salvare il risparmio e leconomia.
Il tentativo è in atto. Oggi si riuniscono i consigli dei ministri nei 15 Paesi delleurogruppo per varare le norme definite allEliseo. Ma è qui che piomba la seconda domanda rimasta ieri sera inevasa: esiste un piano B? Sì, perché al di là dellottimismo sparso da capi di Stato e di governo e dalla loro sicurezza che i mercati sapranno capire, non è affatto detto che le Borse non continuino nei cedimenti. È accaduto a esempio ieri sui mercati medio orientali dopo le promesse di analogo tenore germogliate a Washington nel G7: meno 7, meno 8 per cento. Non sarà tragico, ma a un nuovo brutto segnale dei mercati europei, come si rimedia?
Il nocciolo della questione resta il peso specifico dellEuropa. A parole, di gran livello e di grandissimo spessore. Nei fatti impiombato da rivalità, sospetti e gelosie oltre che dallinesistenza di un centro decisionale. Perché tra laltro, come è già avvenuto in passato, non è che se i 27 decidono, la Banca centrale europea poi si allinei.
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