Dighe crollate, treni spariti Migliaia di vittime inghiottite dallo tsunami

«Puro terrore. Una scossa infinita, che ti sconvolge, che ti svuota». Il violinista Marco Zurlo era arrivato a Tokyo lunedì scorso, con i suoi compagni del Teatro del Maggio Musicale di Firenze. «È stata dura. Stavamo facendo le prove al Teatro Bunka Kaikan». L’orrore si scatena alle 14.46, in Italia è l’alba. I musicisti, insieme al maestro Zubin Mehta, i tecnici e il coro stanno preparando il concerto per domenica. È questione di un istante. Un boato, un rumore sordo per due minuti lunghissimi. Tutto trema. È panico e angoscia. È la peggiore delle paure che si concretizza: è un terremoto di magnitudo 8,9. È il «Big One» di Tokyo, ma non è la città il centro del disastro. «Gli edifici hanno iniziato a tremare, sembrava che si toccassero, poi abbiamo camminato per 4 ore per tornare in albergo. La megalopoli era bloccata, ma stiamo tutti bene», racconta Zurlo. Fuori è il peggiore sisma nella storia del Giappone. L’epicentro è sulla costa, a 380 chilometri da Tokyo, sull’isola Honshu, la più grande del Paese. Ma il peggio arriva dall’Oceano. Pochi minuti dopo uno tsunami con onde alte fino a dieci metri si abbatte sulla costa orientale. È l’onda anomala che tradisce, che ammazza più del sisma. Nell’area di Sendai è distruzione e morte. Quando la prima, enorme onda si ritrae lascia sulla spiaggia 300 corpi. Le prime agenzie parlano di mille morti nel Paese. Si cercano paragoni per capire. «Come migliaia di bombe atomiche», dice Gian Paolo Cavinato, ricercatore dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Cnr. Trentamila volte la forza del sisma che ha distrutto L’Aquila.
Arrivano le immagini, le testimonianze. L’Apocalisse non è così lontana: treni travolti dalle acque e spariti nel nulla, fabbriche esplose, case di riposo spazzate via. Una diga è crollata nella prefettura di Fukushima. Nella città di Sendai, metropoli di un milione e mezzo di abitanti c’è stata una grande esplosione in un complesso petrolchimico. Case e altri edifici sono in fiamme in vaste aree della cittadina di Kesennuma, vicino a Sendai. «Il porto di Kesennuma è un mare di fiamme. Sta diventando una tragedia», dice una cronista. Le immagini dalla tv pubblica Nhk fanno impressione. Il Ministero della Difesa giapponese ha mobilitato 300 aerei e 40 navi per soccorrere le vittime. L’allarme tsunami, inizialmente lanciato per tutto il Pacifico, è stato revocato in diverse zone, fra cui Taiwan, Nuova Zelanda, Indonesia e Filippine. Resta l’allerta per le Hawaii, colpite da onde di 2-3 metri e le cui coste sono state evacuate, e quello per la costa occidentale degli Stati Uniti, dove è in vigore da Point Concepcion in California, a circa 250 km a nord di Los Angeles, fino al confine tra gli stati di Washington e Oregon. Oltre 38 Paesi, fra cui Corea del Nord, e Cina, nemici storici del Giappone, hanno offerto aiuti. Il presidente americano Barack Obama ha chiamato il premier Naoto Kan - e diversi Paesi europei inclusa l’Italia. L’Onu ha offerto 30 squadre di soccorso. Una nave con un centinaio di persone a bordo è stata travolta, due treni dispersi: uno si trovava vicino la stazione di Nobiru dove si è abbattuta un'onda di dieci metri, il secondo è scomparso nella prefettura di Iwate. L’unità di crisi della Farnesina lavora senza sosta. «Stiamo cercando di contattare gli italiani, ma non è facile perché le comunicazioni sono difficilissime». Sono tremila i nostri connazionali sull’isola. «Sono ancora 28 le persone che non siamo riusciti a localizzare». L’ambasciatore Vincenzo Petrone, assicura che nella città di Sendai, quella più violentemente colpita, non ci sarebbero stranieri coinvolti. «La gestione giapponese dell’emergenza è impeccabile», dice l’ambasciatore.

Ed è vero: il Giappone è in ginocchio ma non si piega, nonostante le scosse di assestamento. Un’altra scossa di magnitudo 6,6 è stata avvertita nella notte, nel nord-ovest del Paese. Una cronista racconta: «C’è paura, ma la gente qui è abituata a reagire».

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