Diliberto: via subito i nostri soldati da Kabul

Il leader Pdci chiede il ritiro immediato, imitato dai dissidenti del Prc. Prodi: non cambiamo posizione. D’Alema: sulle missioni si decide in gennaio. Il centrodestra: il premier isoli gli irresponsabili. La capogruppo ulivista Finocchiaro pensa già al voto a rischio del Senato: ora la priorità è la vita degli ostaggi. "Non credo alla casualità del rapimento Pagare il riscatto non servirà a chiudere la crisi"

Diliberto: via subito i nostri soldati da Kabul
Roma - E ora via «subito» da Kabul, dice Oliviero Diliberto: dopo il sequestro dei due soldati, sostiene il segretario del Pdci, l’Italia deve «ritirare le truppe» dall’Afghanistan. «Chiedo e mi impegnerò affinché non si lasci nulla d’intentato per il loro ritrovamento e la loro liberazione. Ma quest’ultimo episodio conferma l’assurdità della nostra presenza in Afghanistan». Intanto, l’unica cosa che Diliberto ottiene «subito», è di riaprire la spaccatura nella maggioranza sulla politica estera, Di andare via non se ne parla, visto che, il premier Prodi da New York respinge la richiesta in modo tassativo: «Questo non cambia l’atteggiamento del governo». E sempre dall’America Massimo D’Alema per ora non concede nulla: «Delle missioni il Parlamento discuterà a gennaio». Quanto al merito, il ministro degli Esteri ricorda che «noi agiamo nel quadro delle risoluzioni Onu in una cornice internazionale che va oltre il Consiglio di sicurezza e comprende anche Pakistan e Iran». E Arturo Parisi: «La missione continua».

Con il leader dei Comunisti italiani si schierano per il momento soltanto i due senatori dissidenti del Prc. Fosco Giannini, per il quale «se a gennaio rifinanziamo la missione, tradiamo la nostra storia e i nostri ideali di pace». E Claudio Grassi, secondo cui «il rientro dei militari è obbligato, visto il fallimento dell’operazione». Prudenza invece dal vertice Prc. Dice Giovanni Russo Spena: «Bisogna lavorare e, se del caso, trattare». Ma Giannini e Grassi bastano per rimettere in apprensione il centrosinistra, che a Palazzo Madama è sempre appeso al filo.

Anna Finocchiaro, presidente dell’Ulivo al Senato, prova a far rientrare la diserzione: «In questo momento tutte le forze politiche devono essere unite ed evitare polemiche. Il governo lavorerà per capire quello che è successo e per tutelare l’incolumità dei rapiti. Oggi la priorità è la loro liberazione». E un no al ritiro arriva anche dagli altri settori della maggioranza. «I nostri soldati - spiega Pasquale Giuditta, Udeur, segretario della commissione Difesa - sono lì nel quadro di una missione internazionale per garantire la sicurezza e la pace di quel Paese. Pretendere di farli tornare è ideologia».

«Non è possibile - sbotta Enrico Boselli - che ogni volta che accade un incidente in una zona irta di rischi come quella dove è impegnato il nostro contingente, si domandi il ritiro delle truppe». Per Massimo Donadi, capogruppo Idv a Montecitorio, «non è il momento di chiedere di far rientrare i soldati». E per Daniele Capezzone «assurdo è Diliberto non la nostra presenza in Afghanistan».

Dal centrodestra «piena solidarietà» alle forze armate. «Non è il momento di speculazione - spiega il portavoce di An Andrea Ronchi -, Diliberto si vergogni». Secondo Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore di Forza Italia, «il rapimento deve essere seguito dal governo e dall’opposizione con il massimo senso di responsabilità e di solidarietà nazionale». Però, aggiunge, «è incredibile che anche su un problema così grave emerga una spaccatura nella maggioranza». Il segretario Udc Lorenzo Cesa chiede a Prodi «di isolare e smentire l’irresponsabile posizione del segretario del Pdci». Roberto Calderoli attacca il governo. «Ancora una volta si scopre che l’Italia cammina sull’orlo del baratro». Infine Osvaldo Napoli, Fi, assicura che «l’opposizione comunque collaborerà perché va fatto di tutto per salvare i due militari».
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