
Il giorno della verità sull'urbanistica, almeno per i sei indagati a rischio arresto, arriverà probabilmente entro la fine della settimana. Forse già domani. Il gip Mattia Fiorentini dovrà decidere su alcuni punti cruciali: le misure cautelari sono solo la punta dell'iceberg.
In primo luogo, gli arresti. La Procura chiede i domiciliari per l'assessore dimissionario Giancarlo Tancredi e per il patron di Coima Manfredi Catella e il carcere per gli altri indagati, a vario titolo, per falso, induzione indebita e corruzione: Giuseppe Marinoni, Alessandro Scandurra, Federico Pella e Andrea Bezziccheri. Il giudice, dopo gli interrogatori preventivi di mercoledì scorso, potrà respingere oppure accogliere le richieste. In caso di accoglimento, spiega il presidente del Tribunale Fabio Roia, "l'ordinanza sarà eseguita dalla Procura della Repubblica e solo in quel momento sarà notificata alle parti interessate". Significa che gli indagati scopriranno di dover andare a San Vittore o ai domiciliari, nel momento in cui la Gdf busserà alla loro porta. Ma anche se il gip boccerà il provvedimento più pesante, potrà, come è già successo, rimodulare le misure e decidere per altre imposizioni come ad esempio obblighi di firma o interdittive dalla professione e dai rapporti con la Pubblica amministrazione. Fiorentini, che già in passato si è occupato di inchieste sul caos urbanistica, dovrà infine vagliare il merito delle imputazioni e pronunciarsi sul riconoscimento o meno dei reati contestati, fornendo una prima fondamentale valutazione.
I pm ancora ieri hanno insistito sulle proprie posizioni e ribadito le istanze. I "comportamenti" di Tancredi e degli altri indagati sono "indubbiamente deviati verso il favore per il conflitto di interessi e la corruzione delle funzioni" e, dunque, va interrotta la "spirale di affari" e presunte tangenti intorno all'urbanistica. Così, secondo quanto riporta Ansa, la Procura motiva il pericolo di reiterazione del reato, l'unica esigenza cautelare rimasta in campo. Questo nonostante nel frattempo la maggior parte degli indagati abbia rinunciato alle cariche che ricopriva. Tancredi si è appunto dimesso da assessore e si è anche sospeso da dirigente comunale, Catella come ad di Coima non ha più le deleghe operative e per i rapporti con la Pa, Pella è uscito da J+S, Marinoni e Scandurra non sono più (da mesi ormai) in Commissione paesaggio. "I rischi di reiterazione e di aggravamento delle condotte prese in esame appaiono elevatissimi", hanno messo agli atti i pm. Tancredi? "Il suo asservimento sistemico ad alcune società e gruppi finanziari" tradisce "che egli sia molto lontano dal voler ripensare alla strada intrapresa". E di Catella si sottolinea il "suo inserimento in una spirale di affari e corruzione alla quale non è realistico pensare che voglia o possa rinunciare". Infine la segnalazione al gip di "porre attenzione agli sviluppi di cui l'indagine è suscettibile in ordine alla catena degli episodi di corruzione".
Intanto il Tar, con una sentenza che riguarda una operazione immobiliare su cui pendeva il ricorso del costruttore, dà ragione - pur indirettamente - alla Procura. La sentenza dichiara che il Comune nel febbraio del 2024, quando erano esplose le prime inchieste, ha fatto bene a emanare una "disposizione" interna agli uffici in cui stabiliva che non si poteva più procedere con una Scia per realizzare una nuova costruzione. La direttiva era in linea con i primi provvedimenti, anche di sequestro, dei giudici. La sentenza spiega che le "ragioni" che hanno portato Palazzo Marino a "emanare" quella "disposizione di servizio" appaiono "comprensibili e compatibili con l'interesse pubblico posto che non avrebbe senso autorizzare interventi edilizi considerati, dal giudice penale, in contrasto con la legge penale". Corretta, dunque, secondo i giudici amministrativi, la decisione del Comune di "inibire la Scia del 20 ottobre 2020" con un provvedimento del giugno 2024 e di richiedere un "permesso a costruire".
Il caso specifico è quello della "ristrutturazione" di un edificio a due piani, di cui uno solo residenziale, che doveva essere sostituito da una palazzina di cinque. Una sproporzione ben diversa da quelle emerse in altre inchieste, con stabili di uno o due piani rimpiazzati con torri di 20.