Dimostranti uccisi a Tirana Un video svela: spari dal palazzo del governo

Il giorno dopo la manifestazione contro il governo finita nel sangue, a Tirana regna una calma apparente che non inganna nessuno. Le strade sono sgombre e le violenze sono finite, ma il clima politico è tale da non consentire di farsi troppe illusioni: gli appelli alla calma e al dialogo che arrivano dall’Europa e dall’America, alleati del Paese delle aquile, difficilmente troveranno ascolto, almeno nel breve termine. La contrapposizione tra sinistra e destra continua negli atti e nelle parole, gli uni e le altre forieri di nuove tensioni.
In Albania, del resto, i due fronti della politica più che parlarsi si insultano e l’opposizione di sinistra di fatto boicotta i lavori del Parlamento rifiutandosi di riconoscere la validità dei risultati delle elezioni che nel giugno 2009 il centrodestra vinse di misura. L’accusa è di brogli, e più in generale di responsabilità politica nella diffusissima corruzione che strangola il Paese. Senza dimenticare che la crisi che ha affondato l’economia greca ha disastrato anche quella albanese, rendendo impopolare un governo che aveva promesso lavoro e benessere.
È una contrapposizione che si concretizza nella rivalità aspra tra due leader, Sali Berisha ed Edi Rama. Il primo, 66enne ex cardiologo della nomenklatura comunista da vent’anni sulla breccia come eroe dell’Albania filoccidentale, guida oggi il governo e gestisce una difficile via d’uscita da un passato di oscurantismo e miseria; il secondo, brillante e ambizioso sindaco di Tirana da ormai un decennio, di vent’anni più giovane del rivale, cerca in ogni modo di riportare al potere un partito socialista i cui legami col vecchio regime restano attuali nella vivacissima polemica politica albanese. Ieri Rama si è presentato con mazzi di fiori davanti alla sede del governo, dove venerdì sono rimasti uccisi tre dimostranti, e ha accusato l’esecutivo di «condannare a morte i manifestanti», promettendo al tempo stesso che «la resistenza continuerà»: i socialisti osserveranno due giorni di lutto in tutto il Paese in occasione dei funerali dei tre militanti uccisi, ha detto Rama, e domani torneranno a «manifestare pacificamente». Riferendosi agli oltre cento arresti compiuti dalla polizia, Rama ha alluso a futuri regolamenti di conti affermando che «ogni abuso sui manifestanti prima o poi sarà punito» e invitando il direttore della polizia a «evitare ogni ulteriore maltrattamento». Berisha non si è dimostrato più misurato, ribadendo le accuse ai socialisti di voler «compiere un colpo di Stato» e chiamando i sostenitori del suo governo a una manifestazione di massa per mercoledì prossimo «contro la violenza».
Intanto, in una Tirana ancora scossa, si discute sulle responsabilità dello spargimento di sangue di due giorni fa. Un video mostrato dalla televisione albanese News 24 dimostrerebbe inequivocabilmente come a sparare contro i manifestanti sia stato un membro della Guardia repubblicana, appostato all’interno della sede del governo. Le immagini che smentirebbero la versione di Berisha (che parlava di vittime uccise da armi leggere non in dotazione del corpo speciale che protegge le istituzioni) mostrano il militare in ginocchio al riparo di una nicchia dentro il giardino del palazzo del governo, poi si vede la fiammata dello sparo e subito dopo il dimostrante stramazzare al suolo. La Procura generale albanese avrebbe pertanto già emesso mandato di cattura per sei ufficiali della Guardia repubblicana, con l’accusa di abuso di potere e omicidio, ma non risulta che gli arresti siano stati eseguiti.

Anzi, Berisha ha ordinato che tutti i militari e gli agenti di polizia coinvolti nella difesa del palazzo del governo venerdì siano ricompensati con l’equivalente di quattro buste paga straordinarie. Il governo sostiene inoltre che anche i manifestanti hanno sparato, come proverebbero i segni di proiettili conficcati nel muro del palazzo governativo.

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