La direttiva Ue per ottenere gli ecoincentivi

Un bel po’ di risparmio e, dove non arriva il risparmio, un’aggiunta di energie rinnovabili, magari sostenute da progetti di ricerca portati avanti con il Massachussets Institute of Technology (Mit) di Boston. C’è parecchio che bolle in pentola all’Eni. Il primo piatto, a dire il vero, è stato lanciato esattamente un anno fa, nel maggio 2007, con la campagna «30per cento», con l’obiettivo di migliorare l’efficienza energetica del Paese. Per arrivarci l’Eni ha indicato una serie di comportamenti «virtuosi» che permettono di calcolare l’effettivo risparmio di ogni singolo provvedimento: tutti insieme, sostiene l’Eni, possono portare a un beneficio che raggiunge i 1.600 euro, «quasi una quattordicesima fai da te» commenta il gruppo petrolifero.
Ma dove vanno a incidere i risparmi? Si tratta di 24 consigli facilmente adottabili da tutti i cittadini e che non comportano significativi cambiamenti al proprio stile di vita: azioni pratiche quotidiane, trasporti, riscaldamento, illuminazione in casa, elettrodomestici. L’esempio viene fatto utilizzando una famiglia-tipo di quattro persone. Dei 24 comportamenti indicati, 14 non comportano costi per le famiglie, gli altri dieci richiedono un investimento sopportabile che si ripaga in tempi brevi: sommati, l’effetto totale dei comportamenti dovrebbe portare a un risparmio energetico del 30% dei consumi della famiglia. Non solo una questione di soldi che non si «buttano via», ma anche di protezione ambientale, perché in questo modo viene emessa meno anidride carbonica.
Risparmio a parte, un approccio che dipende molto dai comportamenti dei cittadini, l’Eni sta puntando in due direzioni: energia solare e biocarburanti. Questi ultimi sono finiti sotto accusa perché alcune coltivazioni vengono sottratte a un uso alimentare, facendo lievitare i prezzi. Così l’Eni investe nella selezione di piante a crescita rapida ed elevata produttività che abbiano un esclusivo uso energetico (cioè non in competizione con il mercato alimentare). A valle vengono sviluppate tecnologie di nuova generazione per biocarburanti a elevato rendimento e alta compatibilità ambientale, basati su micro-organismi quali le micro-alghe, i lieviti e i batteri. L’utilizzo di alghe e batteri, che assorbono elementi delle acque reflue, ha anche il vantaggio di «ripulire» gli scarichi. A monte, invece, l’Eni punta all’individuazione di Paesi, soprattutto africani in cui il gruppo è già presente con le sue attività petrolifere, per iniziative di biocarburanti da colture tradizionali con la più alta resa ed eco-compatibilità. In questo modo molti Paesi potrebbero sviluppare settori produttivi alternativi a quello dominante, che in molte aree è l’estrazione petrolifera, dando così nuove possibilità di reddito anche a lungo termine alle popolazioni locali. Tra l’altro, Eni sta studiando la possibilità di convertire le biomasse allo stato gassoso e di produrre biocarburanti di sintesi.
Quanto alla collaborazione con il Mit di Boston, alla fine dello scorso febbraio è stato firmato un importante accordo nel campo della ricerca energetica. In particolare, verrà sviluppato un programma dedicato allo sviluppo delle tecnologie solari avanzate, con il «Solar frontiers research program». L’Eni diviene anche Founding Member del Mit Energy Initiative (Mitei), sostenendo un’ulteriore serie di progetti di ricerca dell’istituto. L’ammontare totale del finanziamento sarà di 50 milioni di dollari distribuiti in cinque anni.

Di questi, 25 milioni saranno destinati al progetto «Solar frontiers» e i restanti 25 sanciranno l’ingresso dell’Eni nel Mitei come Founding Member. Il Solar Frontieres sarà concentrato su 6 linee di sviluppo, dalle nanotecnologie alla fotosintesi artificiale, dagli «approcci biomimetici» ai nuovi materiali.

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