Dirigente di polizia al casinò con autista e vettura di servizio

Dirigente di polizia al casinò con autista e vettura di servizio

Un alto dirigente di polizia andava con l'auto blu a giocare al casinò e a trovare la fidanzata: ma ad andarci di mezzo è stato non il superpoliziotto ma l'agente che guidava l'automobile, licenziato in tronco mentre il suo capo se l'è cavata con una ammonizione. Fortunatamente per l'agente, il Tar della Lombardia nei giorni scorsi - preso atto della clamorosa disparità di trattamento - ha annullato il licenziamento e ha ordinato che si tenga un nuovo procedimento disciplinare, in cui si dovrà prendere atto del trattamento ben più blando riservato al superiore.
La sentenza del Tar riporta un nome assai noto alle cronache milanesi: quello di Filippo Ninni, già capo della Criminalpol, protagonista di alcune delle più importanti inchieste contro la malavita organizzata negli anni Novanta nonchè dell'indagine che scoprì gli autori del delitto Gucci. É Ninni, fama di duro e di professionista serio, l'alto funzionario che si è ritrovato sotto accusa per l'uso allegro dell'auto di servizio. Ed insieme a lui è finito nei guai, con conseguenze ben peggiori, il suo autista Luca Stacchiotti: indagato dalla Procura per peculato e falso in atto pubblico, condannato a un anno e otto mesi di carcere e infine licenziato. Mentre Ninni andava in pensione, l'assistente Stacchiotti si è ritrovato a spasso. A quel punto, si è rivolto al Tar.
Scrivono i giudici amministrativi: «I fatti addebitati al ricorrente in sede penale e disciplinare sono, in particolare, di avere fatto uso in concorso con altri della autovettura di servizio (che era nella sua disponibilità in qualità di autista a disposizione del suo comandante) e falsificato certificati di viaggio insieme ad attestazioni relative al lavoro straordinario, facendo risultare come missioni viaggi effettuati per motivi esclusivamente personali». Nel suo ricorso, scrivono i giudici, l'assistente Stacchiotti rimarcava la disparità di sanzioni: «Al dottor Ninni, nonostante l'identità degli episodi contestati e delle infrazioni rilevate, sarebbe stata tuttavia comminata la sanzione, molto più blanda, della deplorazione, nonostante egli avesse delle responsabilità assai maggiori del ricorrente e, per il particolare grado ricoperto, la sua condotta potesse pregiudicare in misura assai maggiore il prestigio del Corpo».
E i giudici danno ragione al poliziotto di minor grado: il Tar «ritiene rilevante la circostanza che i comportamenti in forza dei quali è stata comminata la sanzione impugnata siano stati commessi in concorso con un alto dirigente della polizia di Stato». Oltretutto «l'acquisizione degli atti del procedimento disciplinare intentato nei confronti del dottor Ninni, ha consentito di appurare che sulla decisione di infliggere a questi la sanzione della deplorazione ha influito la positiva considerazione dei suoi precedenti di servizio, dei quali invece non si è tenuto conto nel giudizio disciplinare intentato nei confronti del signor Stacchiotti». Insomma: se i meriti accumulati in carriera costituiscono un attenuante, questo deve valere sia per il capo che per il sottoposto.


Per questo «l'Amministrazione dovrà riaprire l'istruttoria del procedimento disciplinare tenendo conto dell'esito del parallelo procedimento intentato nei confronti del dottor Ninni» nonchè «dei diversi ruoli e responsabilità dei due soggetti nella commissione delle contestate infrazioni disciplinari».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica