Diritto d’asilo a clandestino «in quanto omosessuale»

Il prefetto lo espelle in quanto migrante clandestino, ma il giudice di pace lo «reintegra» riconoscendogli lo status di rifugiato, in base articolo 10 della Costituzione, e il diritto di asilo perché «discriminato e sottoposto a violenze nel Paese d’origine in quanto omosessuale». Protagonista un cittadino ecuadoriano - di cui sono state riferite solo le iniziali D.O. - che si è visto cancellare il decreto di espulsione dal giudice di pace Elena Paolicchi, dopo che il provvedimento del prefetto di Genova era stato impugnato dallo Sportello legale dell’Arci Gay. Che ora esulta: «Siamo felici di come si è risolta la situazione - dichiara fra l’altro Valerio Barbini, presidente dell’associazione - e voglio ringraziare l’avvocato Damiano Fiorato e il patrocinatore Daniele Ferrari che hanno seguito il caso con competenza e attenzione».

Poco importa se, come riconosce lo stesso Barbini, «in Ecuador non si trovino discriminazioni formali nell’ordinamento giuridico»: in quel Paese, infatti, sempre secondo Arci Gay, «vi è di fatto una tolleranza da parte delle istituzioni che arriva alla totale impunità per gli aggressori delle persone LGBT», che sta per lesbiche, gay, bisessuali e transgender. Tanto basta, al giudice, per certificare la sussistenza della discriminazione. Caso per caso, ovviamente. O forse per tutti.

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