Una volta sarebbe stata una fake news: una pianista registra un disco a 106 anni. Ora no. E per Colette Maze non è manco una novità visto che ha iniziato a registrare album nel 1998, quando di anni ne aveva appena 84. Nei precedenti 80 era stata «soltanto» una insegnante di pianoforte perché «la musica è il mio cibo, il mio cibo per lo spirito e per il cuore».
La sua è la storia meravigliosa di chi è nato due settimane prima che l'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo fosse ucciso da Gavrilo Princip a Sarajevo (i proiettili che fecero scoppiare la Prima guerra mondiale) e che oggi, mentre il mondo è squassato da una pandemia nel 2021, ha appena finito di registrare un triplo album dedicato per intero all'esecuzione di capolavori di Debussy, il suo compositore preferito, e si sta già concentrando sulla promozione prevista quando sarà pubblicato, cioè ad aprile.
E non è un fenomeno da baraccone: Colette Maze suona bene, le sue dita viaggiano morbide e sensibili sulla tastiera, esattamente come le parole che qualche tempo fa ha concesso alla Reuters: «Le mie dita hanno bisogno di toccare i tasti». Fa yoga, certo, e anche esercizi per mantenere l'agilità dei polpastrelli. Ma il suo motore è la passione, oltre che la curiosità. Come spiega suo figlio Fabrice, che è nato nel 1949, «il suo senso dell'ironia, la sua gioia, il suo amore per la vita ti fanno sorridere». È nata a Parigi in una famiglia dell'alta borghesia proprio nel periodo in cui Marcel Proust, uno dei protagonisti della vita parigina che i suoi genitori conoscevano senz'altro, perdeva una fortuna per il ribasso delle Borse legato alla crisi internazionale. E, alla fine della Prima guerra mondiale, quando aveva neanche 5 anni, Colette ha scoperto la passione per il pianoforte. A quindici è entrata all'École normale de musique per seguire i corsi di Alfred Cortot e Nadia Boulanger. Tra l'altro, lei è rimasta l'ultima depositaria del «metodo Cortot», una corrente che predilige la personalità alla tecnica e premia il musicista creativo e personale più che quello didascalico e accademico. La soggettività meglio dell'oggettività.
Non a caso anche adesso le sue esecuzioni sono flussi che seguono l'ispirazione istantanea e gli accenti dell'animo nel momento in cui le dita si posano sulla tastiera. Anche la scelta del pianoforte è legata all'istinto e Colette segue l'emozione anche quando sceglie uno dei quattro pianoforti della sua casa di Parigi. Ciascuno è legato a uno stato d'animo, e ciascuno ha un suono, un tono, un colore diverso. Dopotutto, dopo 101 anni di pratica, la sua sensibilità è ormai senza confini...
Insomma, una situazione del genere non si è mai verificata prima nella storia dell'umanità. Un'artista ancora in grado di essere perfettamente all'altezza delle aspettative nonostante a giugno compia la bellezza di 107 anni.
E non è un caso isolato, è semplicemente il segno più eclatante ma concreto di quella che è la «quarta età» dei musicisti. Mentre da una parte si abbassa drasticamente l'età media dei debuttanti (specialmente nella musica leggera spesso hanno 14, 15 anni), dall'altra si estende il confine anagrafico di chi ha ancora la possibilità di lasciare un segno, di fare musica, di soddisfare il proprio pubblico. Non solo nella musica, per carità, visto l'esempio di Clint Eastwood che a 90 anni è ancora sul mercato e a 88 si è addirittura diretto mentre recitava in The mule. Ma la musica è forse la sfida più impegnativa per un artista della «quarta età» perché ogni esecuzione o interpretazione ha vita a sé, non è ripetibile né modificabile e resta per sempre. Negli ultimi anni l'elenco di chi si mette in gioco con un disco o un concerto a dispetto di tutti i normali limiti di età è cresciuto a dismisura. Charles Aznavour ed Ennio Morricone si sono esibiti ben oltre i novant'anni, senza che il loro talento fosse indebolito dagli acciacchi, anzi. Franco Cerri, classe 1926, si è esibito con la sua chitarra fino a poco tempo fa.
E, tanto per restare nella cronaca più stringente, Ornella Vanoni, che a settembre compirà 87 anni, sarà l'ospite d'onore nell'ultima serata del Festival di Sanremo per cantare con Francesco Gabbani, che ha quasi mezzo secolo in meno di lei. In poche parole, l'età è un optional e, mentre tanti artisti giovani hanno pochissima confidenza con il palcoscenico, i «grandi vecchi» continuano a dare lezioni, a prendersi applausi, a stupire chiunque li avesse considerati al tramonto.
Prendete Gino Paoli, buon ultimo in questa lista di eroi ultraottantenni: appena può canta dal vivo, quasi a dimostrare che invecchia soltanto chi non affronta nuove sfide. E che la «quarta età» per certi versi è artisticamente più affascinante delle altre.
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