da New York
Come il video ha ucciso la stella della radio, nellera degli iPod, dei cellulari trasformati in walkman, delle minuscole memorie flash in grado di immagazzinare ore e ore di file musicali, gli amanti della musica vecchio stile, quella che si ascolta su un supporto fisico e tangibile, cd o vinile, con i suoi difetti e le sue copertine a colori, sono rimasti in pochi. Per questi «vecchi romantici» arriva una brutta notizia: Tower Records, la leggendaria catena americana di negozi di musica, chiude i battenti.
Dopo più di quarantanni di attività in tutta America e in diversi Paesi allestero, rappresentando negli Stati Uniti il concetto stesso di negozio di musica, la società chiuderà i suoi punti vendita entro la fine dellanno. Scomparirà anche il mitico negozio del Greenwich Village di New York famoso per essere stato la mecca della musica new wave degli anni 80.
I problemi di Tower Records, la «catena di negozi di musica più grande del mondo conosciuto» fondata da Russ Solomon nel 1960 a Sacramento (California), sono iniziati alla fine degli anni 90, quando la compagnia ha cominciato a perdere utili e indebitarsi.
Tutto ciò è avvenuto più o meno in contemporanea con il declino generale delle vendite di cd e larrivo sul mercato della musica digitale. Le statistiche sul mercato discografico hanno registrato, da allora, un calo del 20% della vendita dei cd contro un incremento del 200% dei file musicali scaricati da internet.
Il fallimento riporta in primo piano la domanda che discografici, esperti del settore e rivenditori di musica si stanno ponendo negli ultimi anni, rispetto alla possibilità del mercato tradizionale di resistere allondata digitale. Il fatto che Alain Levy, amministratore delegato di Emi Music, abbia dichiarato durante un intervento alla London Business School che «il cd è ormai morto» e che Bod Dylan abbia fatto da testimonial per la pubblicità di iTunes (il più famoso negozio virtuale di musica insieme ad Amazon.com), sono due indicatori della tendenza di mercato.
Con un americano su cinque che possiede un iPod o un Mp3 player equivalente (si tratta di un aumento del 150% rispetto a solo 4 anni fa) e la sparizione di circa 3.000 catene di negozi musicali dal 1994 ad oggi secondo un dato di NBC Nightly News, il futuro dei negozi di musica sembra davvero a rischio.
Il fallimento di Tower Records rappresenta dunque la fine di unistituzione e di un concetto di fruizione della musica che forse non sarà più, fatto di pomeriggi trascorsi nelle immense stanze di un mega-store per appassionati dove, oltre a comprare, si «viveva» la musica e le si dedicava del tempo. Come ha dichiarato lattore Alec Baldwin a un quotidiano, «Tower Records era il miglior posto dove perdersi», in una realtà quotidiana di fretta e consumo nella quale perdersi è diventato un vero lusso.
Quando la bancarotta è diventata ufficiale, Russ Solomon, fondatore della compagnia oggi ottantunenne, ha scritto una lettera di addio ai suoi 2.700 dipendenti presto disoccupati: «La vecchia signora ha cantato, ma ha stonato» ha dichiarato Solomon.
Con la stessa ironia, il Tower Sunset di Los Angeles, alla fine della giornata di liquidazione totale, ha fatto apparire sui suoi display una scritta: «È la fine del mondo che conosciamo noi», famosa strofa di una canzone dei R.E.M.