Il discorso mancato di Prodi: «Clemente, ti chiedo pietà»

«Ripensaci e capiscimi: tua moglie non posso certo liberarla io. Ma non preoccuparti, sistemiamo tutto»

Il discorso mancato di Prodi: «Clemente, ti chiedo pietà»

Onorevoli colleghi, amici vari, colleghi di Rifondassione, ma soprattutto Clemente, amico mio caro: va tutto bene, io sono tranquillo, sono sereno, sono fermo, non mi muovo. E anche voi, e anche tu, Clemente, dovete stare calmi e sereni, perché va tutto bene, io sono tranquillissimo, sono ottimista, governeremo per cinque anni, fuori c’è bel tempo. Ed è anche il tempo in cui ciascuno si assuma le sue responsabilità, e possibilmente anche le mie. Siete voi, colleghi deputati, che dovete decidere e assumere pubblicamente le responsabilità per cui siete stati eletti, perché non sono le agensie di stampa e neppure i dibattiti televisivi che determinano le sorti di un governo: è Mastella.
Ordunque, onorevoli colleghi, dopo le dichiarazioni del ministro della Giustizia ho deciso di presentarmi immediatamente, perché è in Parlamento che il governo ha la sua legittimità, è in Parlamento che non posso che richiamare il ministro a un dovere di responsabilità istituzionale che mi spinge doverosamente a chiedergli, con la severità che il momento merita, pietà.
Pietà, Clemente. La relazione che hai fatto l’altro giorno evidenzia importanti interventi, riflette rigorosamente luci e ombre della giustizia italiana e costituisce in ogni sua parte la posizione del governo: non l’ho neanche letta, me l’ha detto Sircana, e però insomma, che vuoi ancora?
Mi preme nondimeno sottolineare, onorevoli colleghi, che i giudici sono i primi a denotare, nel loro delicato esercizio, qualità come purezza di cuori, serenità di intenti, pieno rispetto della legge, autonomia, indipendenza, lealtà e tutte le altre balle che mi tocca dire per compiacere la sinistra radicale: ma non voglio nascondere le tensioni tra politica e magistratura, amplificate dalla crisi di fiducia nella classe politica. È mio compito ricordare che la magistratura ha il compito del controllo di legalità, ma la responsabilità è e resta di tipo politico. E però Clemente, capiscimi, tua moglie non posso liberarla io. Ma stai tranquillo, va tutto bene, risolveremo tutto, guarda me, io sono tranquillo, sono sereno, sono fermo, non mi muovo.
Alla luce dei recenti eventi sarebbe anche tutto qui, Clemente, e onorevoli colleghi: non ho assolutamente altro da dire e altro da chiederti se non di ridarmi la tua fiducia. Ma devo allungare la broda, onorevoli colleghi non badate a quello che dirò, che è meglio.
Allora. Ehm. Boh. Dunque. Questo è un governo nato su un patto di legislatura sottoscritto da tutti i partiti dell’Unione: non far governare Berlusconi. Questo è un governo che si era ripromesso di durare per l’intero arco della legislatura: peraltro non so come, visto che alla Camera eravamo sopra di 24 e al Senato eravamo sotto. È un governo che ha avuto mandato di guidare il Paese dopo una vittoria elettorale tanto difficile quanto attesa dalla maggioranza degli italiani: di questa maggioranza saranno rimasti in 25, gli unici a cui non abbiamo alzato le tasse: però ieri mi ha telefonato Almunia, il commissario europeo, e sapete che cosa mi ha detto, onorevoli colleghi? Non me lo ricordo: ma sicuramente mi ha anche detto di stare tranquillo, perché va tutto bene, risolveremo tutto, perciò io sono tranquillo, sono sereno, sono fermo, sono ottimista. Da due anni la nostra crescita si attesta sui livelli massimi dell’ultimo decennio, abbiamo cominciato, in modo onesto e responsabile, a redistribuire le risorse, la nostra politica estera e di sicurezza ha saputo ridare all’Italia il posto che gli spetta nello scenario internazionale, abbiamo ottenuto grandiosi risultati all’Onu, nella battaglia per la moratoria per l’aborto, scusate, per la pena di morte; abbiamo cominciato a far pagare le tasse a chi non lo faceva, e cioè 58 milioni circa di italiani, e abbiamo combattuto la precarietà, lottato contro le ingiustizie sociali, battuto la disoccupazione. E poi, dopo i sacrifici della prima finanziaria, siamo riusciti ad approdare ai sacrifici della seconda finanziaria: siamo pronti a diminuire le tasse ed aumentare i redditi dei lavoratori, pensavamo di farlo giovedì mattina. Che c’è ancora? I rifiuti. Uhm. Allora: noi non abbiamo scaricato su altri responsabilità storiche, anche perché sono nostre sin dal 1993. Tuttavia abbiamo affrontato il problema di petto. In altre parole, onorevoli colleghi, io straparlo.
Ho passato mesi, egregi signori, a scrivere un programma di 281 pagine che accontentasse tutti e nessuno, ho costruito un Partito democratico a mia immagine e somigliansa anche se adesso mi tirate fuori questo Veltroni; vi ho salvato quando un anno fa c’era D’Alema che era caduto sulla politica estera e però io ero rimasto fermo, tranquillo, vi ho parlato di svolta, verifica, chiarimento, mi sono inventato il famoso programma in 12 punti «non negossiabili» alla cui base c’era che decidevo io, ma poi abbiamo negossiato tutto, e non mi avete fatto decidere niente. Avevamo scritto che dovevamo spicciarci con la Tav e in trenino veloce, invece perderemo i finansiamenti europei. Dovevamo fare la nuova autostrada Brescia-Bergamo-Milano e il Senato me l’ha bocciata. Dovevamo fare i termovalorizzatori e invece siamo nella spazzatura, dovevano fare i rigassificatori e invece siamo alla canna del gas, dovevamo abbassare la spesa pubblica e s’è visto, dovevamo riordinare le pensioni e non fatemi dire. Adesso questa cosa del Mastella: ma io non mi preoccupo, sono stato un boiardo per tutta la vita, è tutta la vita che medio al ribasso, e smusso, attenuo.
Domani, proprio in quest’aula, il presidente della Repubblica celebrerà il 60° anniversario della carta fondante della nostra democrazia.

Mai come oggi siamo chiamati a dimostrare fedeltà e rispetto per la nostra Costituzione. E alla Costituzione mi richiamo per chiedere a voi, e in seguito ai senatori, ma soprattutto a te, Clemente, la più totale, desolante, sconfortante pietà, pietà, pietà.

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