Disoccupato ruba 20 centesimi Condannato a due mesi di cella

CremonaLa legge è la legge ed è uguale per tutti. Anche quando in tribunale ci si finisce per aver rubato 20 centesimi. E anche se il ladro confessa di aver commesso il reato perché è senza lavoro e non sa come sbarcare il lunario. Certo, la moneta non era di quelle comuni e nella sua tasca deve aver pesato parecchio. Il peso della generosità dei fedeli, visto che il denaro è sparito da un'edicola votiva scassinata usando un cacciavite e un cilindro di metallo.
Ma la legge per alcuni è più uguale che per altri. Specialmente se a declinarla è la giustizia italiana che, tra una lamentela per i troppi casi arretrati e una scarcerazione di mafiosi per decorrenza di termini, a singhiozzo si riscopre severissima. Ed è così che per Gabriele Lodigiani, quaranta anni, disoccupato che si arrabatta a Monte Cremasco, piena provincia lombarda, un reato da burla si è trasformato in una condanna per furto aggravato.
La sentenza, che stando alla lettera dei codici non fa una grinza, è piovuta inesorabile tra gli sguardi stupiti e i chiacchiericci dell'aula del tribunale di Crema: 80 giorni di reclusione e 70 euro di multa, pena sospesa. Non è tutto: il magistrato ha disposto la restituzione della moneta. I 20 centesimi dello scandalo. Il pubblico ministero Andrea Boschiroli ci era andato ancora più pesante, aveva chiesto invece quattro mesi di carcere e 110 euro di multa, mano ancora più pesante.
Il 24 agosto 2007 Gabriele Lodigiani decide di forzare il lucchetto dell'edicola di Campagnola, sulla strada per Caravaggio (Bergamo). Nella teca che si trova all'interno non trova il bottino sperato: ci sono solo 20 centesimi. È l'una di notte. Un'ora sospetta secondo i poliziotti che in quel momento si imbattono nella scena e non ritengono plausibile l'ipotesi di un pellegrinaggio. L'uomo, che in effetti non sta affatto pregando e che tra l'altro è già noto alle forze dell'ordine, si accorge della volante e cerca di darsela a gambe allontanandosi nei campi. Gli agenti però lo raggiungono e lo acciuffano: in mano gli arnesi da scasso, in tasca la monetina da 20 centesimi. Più tardi, in commissariato, Lodigiani ammetterà di essere stato spinto dalla sua condizione di disagio, dalle sue difficoltà economiche. Ma il suo racconto non riuscirà a risparmiargli una sonora denuncia. Mercoledì la conclusione del processo.
«Lodigiani ha raccontato che si trovava in stato di necessità - ha spiegato l'avvocato Giulia Bravi - e io ho ovviamente insistito sulla tenue entità del bottino. Ma non c’è stato verso nemmeno di ottenere di passare da furto aggravato a furto semplice. Si vede che il giudice ha tenuto conto che a essere svaligiato è stato un luogo di preghiera».
L’altro aspetto incredibile della vicenda, è che Lodigiani aveva incassato anche il più inatteso degli appoggi.

«Perdono quest'atto sacrilego e non voglio la restituzione della moneta», ha dichiarato agli atti una componente della famiglia del posto che da almeno sessant'anni ha in custodia l'edicola violata. Dio perdona, gli uomini pure. I tribunali, a volte, no.

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