Cè una famosa sentenza di Michel Foucault: «Un giorno forse il secolo sarà detto deleuziano». Omaggio esagerato a un amico, Gilles Deleuze, che ha intagliato il proprio pensiero in una nicchia, filosofica e ideologica. Eppure, Deleuze in questo suo lavoro ai margini ha colto alcuni germi di fine Novecento che sarebbero esplosi nel secolo successivo, il nostro. È questo il lascito più sorprendente della lettura di Due regimi di folli e altri scritti (Einaudi, pagg. 338, euro 26). Vi sono raccolti tutti gli scritti brevi del filosofo dal 1975 al 1995, anno del suicidio: convegni, articoli, interviste, prefazioni. Cè il solito torvo Deleuze. Quello che inquadra il dramma mediorientale con lenti esclusivamente palestinesi. Quello che interviene a favore di Toni Negri. Quello pacifista ad oltranza che vaneggia di «disarmo unilaterale»... Ma, a tratti, cè luomo che si mette a pensare al riparo dallideologia. E, ad esempio, sforna una strepitosa intervista su quelli che allora si stavano affermando come «nuovi filosofi». Oggi, gli André Glucksmann e i Bernard-Henry Lévy sono star incontrastate del salotto intellettuale, e quel modello ha tracimato in tutta Europa: è il filosofo come tuttologo mediatico, opinion maker. Punto dapprodo che Deleuze avvistò già nel 1977. Scovando lo stratagemma con cui i giovani (pseudo) filosofi si stavano autopromuovendo. Innanzitutto, «procedono per concetti estremamente grossolani, LA legge, IL potere, IL padrone, IL mondo, LA ribellione, LA fede. In questo modo possono far nascere miscugli grotteschi, dualismi sommari». A questo punto, ridotta la filosofia a slogan contrapposti, si apre il varco per lappeal del personaggio: «Io, in quanto lucido e coraggioso, vi dico... Io, in quanto soldato di Cristo... Io, della generazione perduta... Noi, che abbiamo fatto il 68... Noi, che non ci lasciamo più ingannare dalle apparenze...». È così che i nuovi filosofi «rendono vana ogni fatica». Lhegeliana fatica del concetto è espulsa dalla filosofia, a favore degli studi di marketing. Sì, perché secondo Deleuze questi nuovi intellettuali la fanno finita con il vecchio vizio delle scuole filosofiche. Per dedicarsi al «marketing letterario e filosofico». Non essendo una scuola vecchio stile, esso ha pochi, netti principi. Il supremo, la mission aziendale si direbbe oggi, recita: «bisogna che si parli di un libro, e che se ne faccia parlare, più di quanto il libro stesso abbia da dire». Inoltre, regola base del marketing vuole che il prodotto si differenzi il più possibile, per snidare il maggior numero di nicchie di mercato. Di qui laccurata «distribuzione dei ruoli» che praticano i nuovi filosofi: «una versione pia, una atea, una heideggerriana, una gauchista, una centrista, anche una per i sostenitori di Chirac e per i neofascisti, e per una unione di sinistra un po annacquata e così via». Su tutti, troneggia già allora Lévy, che «è ora limpresario, ora la script-girl, ora lallegro animatore, ora il disck-jockey».
Deleuze apre anche altri squarci inaspettati di pensiero. In unintervista del 1989, scandisce parole che descrivono pari pari lemergenza del nostro tempo. Il totalitarismo dal volto islamico. Si era già allora aperto in Francia un dibattito sulle ragazzine che andavano velate a scuola. E Deleuze incalza: «Si arriverà a una seconda fase in cui si reclamerà un diritto alla preghiera islamica nelle classi stesse? E poi, a una terza fase, in cui si discuterà per esempio dellinsegnamento della letteratura rinfacciando a un testo di Racine o di Voltaire di essere offensivo per la dignità musulmana?». Iperboli del filosofo allora, consuetudini della cronaca oggi. «Alla fine» pensa di provocare Deleuze «ci spiegheranno che, siccome la scuola laica non è in grado di soddisfare i diritti dei musulmani, si devono istituire scuole coraniche finanziate dallo stato laico». Già...
Folgorante è pure un articolo sul dipartimento di psicoanalisi delluniversità di Vincennes, pubblicato nel 1975. Qui, Deleuze sfoga linsofferenza per la casta burocratico-intellettuale di sinistra, che nelluniversità non tollera dissidenti: «Lo stalinismo non riguarda solo i partiti comunisti, è trasbordato anche in alcuni gruppi di sinistra, e si è disseminato persino tra le associazioni psicoanalitiche». Non altrimenti si spiegano le vere e proprie epurazioni cui Deleuze assisteva: o si concordava col Verbo psicanalitico-politico dellallora onnipotente Jacques Lacan, o si era messi in condizione di non esercitare. Ma ce né anche per la linguistica e per un attuale guru del pensiero progressista, come Noam Chomsky. In una lettera del 1982 al suo traduttore giapponese, Deleuze dice chiaro e tondo che «la lingua non è un sistema omogeneo, e non contiene sistemi di questo tipo. La linguistica, che sia quella di Jakobson o quella di Chomsky, crede a questi sistemi perché non potrebbe darsi senza di essi. Ma non esistono».
Lintuizione estrema sul futuro si cela in una conferenza sulla creazione del 1987.
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