Matteo Sacchi
«L'inferno sono gli altri», diceva Sartre. Ma lui passò gran parte della vita nell'era pre-televisiva. Perché lei, la scatola magica, ti tenta sempre. Siede oracolare in salotto, ti narcotizza, porta «gli altri» - quelli che ballano, pontificano, strillano, fanno gol, sculettano, informano - dentro la tua casa, anzi direttamente dentro la tua testa. Allora potremmo dire: «L'inferno è la tv». Anzi quasi tutti l'abbiamo già detto e pensato.
E però su questo concetto riduttivo Massimiliano Lenzi con C'è posto per te. Inferno Purgatorio e Paradiso della tv Italia, con nomi e cognomi (Vallecchi, pagg. 142 euro 12,50) potrebbe farvi cambiare idea. In questo breve libro, che già dal titolo si rivela pieno di giocosi echi danteschi, dimostra come la televisione, nella sua vocazione ad essere onnicomprensiva - ma potremmo dire anche onnicompressiva - sia ben più che un inferno. Comprende ormai tutte le sfere di ciò che per noi è ultraterreno, è la nostra nuova mistica. La vera vita che vorremmo con i suoi demoni (moltissimi), i suoi purganti (molti) e i suoi pochi angeli. Lenzi, che in televisione ha lavorato e lavora come giornalista, ci accompagna dunque per tutte le cerchie, bolge, cornici disponibili raccontando con humour la lunga strada che porta dal divano di casa al divano di un produttore e dal divano di un produttore al grande luccichio degli studi televisivi. Un luccichio sulla cui durata non ha mai senso scommettere davvero.
E in questo il libro è davvero bello, nel raccontare la sottile e perversa seduzione della televisione fatta di amici e amiche, di persone reali che diventano reali solo se riescono ad alzarsi dal loro divano e a superare i tornelli - tlang, tlang - che portano all'interno di uno dei palazzi antennati che trasmettono nell'etere. Certo, divertono anche i capitoli in cui Lenzi trasforma in personaggi degni del Grande fiorentino i nomi noti del piccolo schermo: Bruno Vespa è il Ciacco goloso di share, Costanzo è Caronte, Enrico Mentana il conte Ugolino, Fiorello Guido Guinizelli... Ma al di là del gioco e della voglia di andare a cercare i nomi dei famosi (siamo tutti ormai dei fama-dipendenti) la vera chiave del piccolo saggio è nel titolo C'è posto per te. Perché la dannazione moderna è proprio nell'ostinata convinzione che ci sia un pezzetto di fama in attesa proprio di noi, di noi che nulla sappiamo fare e che quindi saremmo tronisti perfetti. Di noi che siamo così belli che dovremmo per forza essere esposti in Cento vetrine...
Lenzi invece racconta le coriacee doti necessarie a diventare facce da video: «Primo essere esigenti. Chi si avvicina alla tv per finirci rinchiuso deve sopravvalutarsi sempre. Ad abbatterlo ci penseranno gli altri... Se vuoi dare a intendere al mondo che sai ballare, devi esserne convinto pure se il tango per te è soltanto un profumo. Il secondo suggerimento è la fede. Qui l'aldilà non c'entra. Nello spettacolo senza artisti la fede è il corollario dell'esigenza... Terzo: il principio di realtà...
Sono doti che fan venire i brividi.
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