«Dobbiamo sequestrare i cani» Lui prende la pistola e spara

(...) in un lago di sangue, le teste martoriate dai colpi, Elvio Fichera, 72 anni, e Paola Quartini, 55 anni. Il primo era un animalista convinto. Era da anni impegnato nell'associazione «Amici animali abbandonati» di Genova. Molto conosciuto, nei giorni scorsi aveva anche messo una taglia di 500 euro per scovare il responsabile dell'uccisione del popolare cinghiale Piero abbattuto sulle alture genovesi e amato da tanti cittadini. La donna era invece conosciuta nella zona del levante, aveva un figlio e risiedeva a Camogli dove era un'attivista della Lipu. È lei che da mesi aveva preso in «adozione» il caso della muta dei cani da cinghiale. Tutti animali, secondo la volontaria, mantenuti in scarse condizioni igieniche nella baracca di fronte all'abitazione dell'omicida-suicida.
In paese tutti sapevano. Pure i carabinieri e i vigili urbani. Eppure le due guardie zoofile sono state lasciate andare quasi allo «sbaraglio».
Renzo Castagnola aveva pianto quando uno dei suoi cani era morto l'anno scorso. Il veterinario, secondo quanto dichiarato da alcuni cacciatori della squadra di Sori, aveva visitato le cucce e le baracche e non avrebbe mai rilevato grosse anomalìe e maltrattamenti. Anzi, i cani, che valgono alcune migliaia di euro, secondo i cacciatori, erano tenuti bene. Tutti però sapevano dei battibecchi. Paola Quartini era già andata alcune volte a Sussisa di Sori. Gli alterchi erano ben conosciuti. Così come si sapeva che Renzo Castagnola deteneva nella casa a due passi dalle cucce una mezza dozzina di fucili e la pistola semiautomatica usata per la strage.
Mentre Fichera e Quartini erano disarmati. E non avevano la preparazione necessaria per andare a eseguire quel decreto di sequestro firmato dal magistrato. Se, a fronte della situazione di pericolo, si fosse evitato di autorizzare la guardia zoofila a eseguire il decreto di sequestro e si fosse lasciato tale compito soltanto alle competenti forze di polizia, probabilmente non ci sarebbe stata alcuna carneficina. Tanto è vero che carabinieri e vigili urbani non erano nel mirino del pensionato di Sori. Erano stati però chiamati dopo che i due volontari avevano notato la prima reazione stizzita dell’uomo. Lì per lì avevano desistito. Poi, quando sono tornati a bussare alla sua porta insieme ai vigili, il cacciatore ha detto di aspettare qualche istante, il tempo necessario per andare a cercare una penna con cui firmare la notifica dell’ordinanza. Ma è tornato con la pistola e ha fatto fuoco.
Le gravissime difficoltà in cui operano, spesso senza alcuna tutela e dignitosa logica preventiva, i volontari delle associazioni animalisti che sono pure pubblici ufficiali, sono state denunciate ieri anche dall'Enpa. In un comunicato spiegano che hanno inviato alle Autorità decine di segnalazioni per minacce, danneggiamenti, anche di proprietà personali, lettere di insulti e altre intimidazioni senza però ricevere risposte.
«Minacce e intimidazioni - spiegano all'Enpa di Savona - sono noti alla Prefettura e alla Procura della Repubblica.

Le guardie zoofile non sono andate a ricercarsi l'obbligo di esposizione al rischio dell'incolumità personale, ma hanno subìto tali atti soltanto in conseguenza della loro normale attività di vigilanza».
Adesso toccherà al Sostituto procuratore Cardona Albini stabilire se ci sono possibili negligenze e mancanze anche nell'iter che ha portato al decreto di sequestro e a questa tragedia annunciata.

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