Dodici amici al bar che puntavano a salvare l’identità dei liberali

Meglio soli che male accompagnati. Stefano De Luca, segretario nazionale del Pli, sembra esserne convinto quando contrappone il suo partito ai «due contenitori di plastica rappresentati da Pd e Pdl». Ma le armi rischiano di essere spuntate. Non si può dire che ieri ad attendere il leader liberale ai bagni Benvenuto ci fosse un bagno di folla: dodici «aficionado» in tutto, compresi il capolista alla Camera Marco Taliani e la sua collega al Senato Donatella Salvagni, l'immancabile Beppe Damasio, consigliere di Momento liberale, e il notaio Claudio Canepa. Chi si aspettava un saluto, magari veloce, di Alfredo Biondi o Enrico Musso («liberali da sempre») sarà rimasto deluso.
Ci ha pensato quindi l'avvocato De Luca a riscaldare la platea con una vigorosa chiamata alle armi: «Facciamo partire subito la nostra campagna mandando un messaggio liberale: votare per noi è utile, per gli altri pericoloso». Sulla stessa lunghezza d'onda il candidato alla Camera Taliani che rivendica un voto «per dare dignità ai liguri che non hanno avuto ascolto».
Il tema forte del programma («scomparso dagli altri partiti») è quello della giustizia. De Luca propone la sua ricetta: separazione delle carriere; «castità politica» dei giudici che non possono iscriversi a nessun partito; anonimato delle inchieste; responsabilità oggettiva dei direttori di giornale se escono nomi o notizie riservate; più competenze ai giudici di pace.

Le priorità della Liguria vengono snocciolate da Taliani. Si va dal rilancio del settore turistico all'eliminazione del precariato, fino alla questione termovalorizzatore: «Siamo favorevoli se chi lo gestisce è in grado di collegarlo a Provincia, Comune e Arpal».

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