Il Perù si prepara a scegliere il successore di Alan Garcia. Il Paese andino si reca domenica alle urne per definire, con ogni probabilità, chi concorrerà al ballottaggio presidenziale del prossimo 5 giugno. I sondaggi trapelati, contro le regole elettorali, sui media non attribuiscono a nessuno dei cinque candidati principali la maggioranza assoluta dei voti necessaria per essere proclamato presidente al primo turno. Ma confermano il vantaggio di una «strana coppia». Quella formata da Ollanta Humala e da Keiko Fujimori. Il primo, ex tenente colonnello dell'esercito, arrivò secondo nella corsa presidenziale del 2006. Nazionalista, rappresentante di una sinistra radicale e antiliberale, Humala ha condotto una campagna elettorale lodata dagli avversari: meno rissoso e polemico dei suoi avversari, ha indossato panni moderati, ha esibito la sua dimensione familiare, avvicinato la Chiesa. Sostituendo il rosso col bianco nella scelta del colore fondamentale della campagna: ha lasciato Chavez per abbracciare Lula, sintetizzano i media internazionali.
La sua possibile sfidante è la figlia di Alberto, il discusso - e ora recluso - ex presidente con origini giapponesi. Humala aveva tentato un colpo di Stato proprio per rovesciare Fujimori padre, «guadagnando» l'espulsione dall'esercito fino alla caduta del presidente. Su Keiko, rappresentata come conservatrice e populista, gravano le due ombre del padre: il leader corrotto e autore di crimini contro i diritti umani, ma anche l'uomo d'ordine che chiuse una sofferta stagione di sangue nel Paese. Al suo fianco, in qualità di vicepresidente corre Rafael Rey, già ministro in diversi esecutivi e per pochi mesi ambasciatore peruviano a Roma. Una sede che ha «preparato» un altro candidato vicepresidente: il successore di Rey, Augusto Ferrero Costa, si presenta infatti in ticket con Luis Castañeda, non particolarmente favorito dai sondaggi anche se gli attribuiscono una vittoria contro tutti gli sfidanti dovesse mai raggiungere il secondo turno. Gli ultimi giorni di campagna hanno invece penalizzato Alejandro Toledo, già presidente peruviano tra il 2001 e il 2006, il cui sprint iniziale sembra essersi perso col passare delle settimane. Difensore del libero mercato, apprezzato nelle classi medie, poteva per molti rappresentare una certa continuità con Garcia, alla guida del paese in una stagione economica ricca di successi.
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