Cronaca locale

Don Colmegna sfida il Comune sull’emergenza casa

Don Colmegna sfida il Comune sull’emergenza casa

Un nuovo piano dell’abitare che non si risolva nell’assistenza emergenziale, ma che al contrario, diventi base di partenza per un progetto ampio e di lunga durata. Sullo sfondo il perenne problema della fame di alloggi, che nemmeno il pgt sembra poter risolvere. Così don Virginio Colmegna, fondatore della Casa della Carità, lancia la sfida alla nuova amministrazione e agli addetti ai lavori. «Il primo passo è considerare l’emergenza abitativa con la chiave della povertà e filtrando situazione per situazione i casi di morosità - ha spiegato don Virginio - su questo l’assessore alla Casa del Comune Lucia Castellano aveva ben dichiarato, ma poi le sue frasi sono state strumentalizzate e malintese: è necessario invece capire chi occupa per necessità e chi invece è nella piena illegalità. In questo si può lavorare anche assieme alla questura».
Sullo sfondo gli sfratti, le occupazioni abusive, gli alloggi sfitti, la povertà che avanza e che fa allungare la lista di attesa per le case popolari. Ad oggi - ricordano Sunia e Sicet, sindacati degli inquilini - ci sono 23mila famiglie in graduatoria per le case popolari contro una domanda reale di 32mila, quasi 9 sfratti su 10 a Milano sono per morosità e ne vengono effettuati 5 o 6 a giorno. Oltre la metà delle famiglie sfrattate ha un reddito Isee minore ai 7500 euro, i restanti tra i 7500 ai 14mila, solo pochi hanno un reddito moderato. «Il problema nell’ultimo anno è aumentato in modo esponenziale: gli sfratti sono passati da 6460 a oltre 9000 - ha aggiunto Francesco Di Gregorio del Sunia - e non ci si è adeguati ai cali di reddito dovuti alla crisi». Scattano così le occupazioni abusive, e i sindacati all’ultimo censimento hanno contato 3800 occupanti, tra case comunali e Aler, di cui «l’80% dei casi sono famiglie seguite da servizi sociali».
Le nuove case che sorgeranno con il pgt? Tutta l’offerta di edilizia sociale è legata agli interventi dei privati, che non costruiranno case veramente a canone sociale e che saranno comunque insufficienti, denunciano i sindacati.
Il piano, che punta a coinvolgere assessorato alla Casa, al Welfare, Sicurezza e Decentramento del Comune, oltre agli addetti ai lavori, si articola in quattro punti: osservatorio sociale, «polmone d’accoglienza», accompagnamento sociale e agenzia per la casa. L’Osservatorio deve valutare i singoli casi, distinguendo tra inquilini morosi, a rischio sfratto, chi occupa per necessità, chi si trova in condizioni di estrema illegalità. «Perchè una vera e propria emergenza sociale non può essere affrontata solo come un problema di ordine pubblico». Obiettivo: garantire a tutti condizioni abitative dignitose, favorendo la scelta di abbandonare l’abusivismo. Il secondo passo è il «polmone d’accoglienza»: «soluzioni abitative temporanee - spiega Colmegna -: un’idea potrebbe essere ospitare gli sfrattati in uno degli 8000 alloggi privati sfitti». Terzo passaggio: l’accompagnamento sociale e lavorativo e l’agenzia per la casa. «Se da un lato occorre accelerare la costruzione di nuove residenze popolari e la ristrutturazione delle vecchie per dare una risposta concreta a chi da anni è in attesa, dall’altro è necessario intervenire subito con strumenti più immediati».

La proposta? L’agenzia per la Casa che incroci domanda e offerta, garanti le istituzioni, con le società immobiliari.

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