Cronache

La donna che per mestiere prende il ferro a martellate

Annamaria Rostagny fa il fabbro da 8 anni: prima era scenografa

Antonio Bovetti

È facile trovare un negozio di telefonini, ma scovare un fabbro è cosa ardua: «Un mestiere che sta scomparendo» è la risposta più corrente alle nostre ricerche.
Al contrario, se ci incamminiamo tra i vicoli del centro storico genovese, memori dell'antico detto «c'è di tutto come a Genova», si può trovare anche una signora, bionda con gli occhi verdi, che del mestiere del fabbro ne ha fatto il suo abituale lavoro.
Da quando fa questo mestiere e perché proprio il fabbro? Chiediamo a Annamaria Rostagny.
«Faccio questo mestiere da circa otto anni, l'officina si chiama «La rosa di ferro», qui in vico della Rosa, a due passi da piazza Soziglia.
Mi piacciono i lavori manuali, ho fatto per 13 anni il falegname e, prima ancora, la scenografa. Preparavo le maschere per le rappresentazioni teatrali e per le controfigure, allestivo le scenografie delle commedie. È stato un bel periodo della mia vita, decidevo con il regista la coreografia che si doveva realizzare, poi mi inventavo tutto quel che serviva per creare l'atmosfera e dare vita alla commedia. Conservo ancora dei raccoglitori pieni di foto».
Fare il fabbro è molto più faticoso della falegnameria, perché ha cambiato? «Sapeste quante persiane mi sono dovuta portare sulle spalle?! Che fatica! ma non mi lamento. Nelle falegnamerie vige il detto Cento misure e un taglio, quando si taglia un pezzo si deve essere precisi o si butta via il legno, non si può rattoppare una porta o una finestra. In carpenteria meccanica invece ci si può arrangiare, si può inventare, il cancello può diventare più alto se lo si abbellisce con una serie di fiori sulla parte superiore, naturalmente in ferro battuto. Ci vuole molta forza per fare questo mestiere, ma ho le braccia buone e resisto bene».
Tante emozioni quando passa davanti ad un lavoro fatto da lei. «Speriamo che funzioni anche fra dieci anni! - penso -. Non mi affeziono alle mie creazioni, anche se costruire un cancello impegna molto, a parte la fatica che non è indifferente. Non è facile la messa a punto e l'allineamento di un portone o di un cancello; per avere la chiusura precisa bisogna capire la dinamica del movimento rotativo e con trucchetti, che non svelo, le porte fatte da me si aprono e si chiudono con la delicatezza di un accendino Dupont».
Quando un uomo arriva in negozio, c'è fiducia o vige un distaccato senso di scetticismo e perplessità?
«Non più di tanto, molti uomini discutono un po’, ma poi delegano la moglie per decidere anche i piccoli dettagli. Noi donne abbiamo il gusto del bello e molta fantasia. Decidono sempre le donne per i lavori importanti».
Quando in officina arriva una donna?
«Ci intendiamo subito, prima di tutto perché sanno quel che vogliono, poi perché tra noi donne c'è più intesa; le mie clienti capiscono anche le mie fatiche e ci si accorda su tutto. Le signore arrivano con idee funzionali e, a volte, mi spronano ad inventare figure nuove, faccio un esempio: quando si costruiscono lampadari, seggiole e tavolini, oppure para scintille per mettere davanti ai caminetti, molte acquirenti consigliano come ornare con fiori o figure che rendono l'opera più bella».
Quando arriva la stanchezza chiude bottega o stringe i denti?
«Devo lavorare e resisto, ma poi chi ha detto che le donne non possono fare il fabbro? Abbiamo una marcia in più e riusciamo a fare anche questo mestiere, fino a ieri, prettamente maschile! Dopo una giornata tra martellate e saldature elettriche, la notte dormo sonni profondi».


Cambierà nuovamente lavoro e lascerà ai figli questo mestiere?
«Penso di non cambiare, ma non lo posso assicurare, mia figlia viene ad aiutarmi solo per guadagnare qualche soldo, ma non continuerà a fare il fabbro e a me non dispiace».

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