Politica

Donne immigrate, la Ue appoggia la campagna di An

Infibulazioni, matrimoni forzati, violenze: arriva un manuale sui diritti violati. Angelilli: «Integrazione, ma nella legalità»

nostro inviato a Strasburgo

Non sono lontane da noi. Hina Saleem aveva 20 anni e viveva vicino Brescia, era innamorata di un ragazzo italiano e non voleva sposare quel cugino pakistano che la famiglia aveva scelto per lei. Per la sua ribellione il padre, che aveva provato a «convincerla» a bastonate, ad agosto l’ha sgozzata e poi l’ha seppellita in giardino. Non troppo distante, in un paese nei dintorni di Verona, ad aprile scorso una «mammana» nigeriana di 43 anni aveva già avvicinato le forbici ai genitali di una bambina di 14 giorni per mutilarla, secondo la barbara e pericolosa usanza dell’infibulazione. L’ha salvata l’irruzione della polizia. Più a sud, a Bari, all’inizio dell’anno è finita bene la terribile odissea di due ragazze nigeriane, portate in Italia da un’organizzazione criminale che le ha costrette a prostituirsi e sottoposte a ogni genere di violenza. Finché le due hanno deciso di rifugiarsi in una caserma dei carabinieri.
Tre storie estreme, ma non certo isolate. Sono centinaia ogni anno gli episodi simili, vicende che raccontano come la violenza contro le donne possa essere spietata, ma anche come possa celarsi in una famiglia apparentemente normale. A disegnare una realtà terribile sono i numeri, quelli forniti dall’Unicef e dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Oltre 51 milioni di ragazze minorenni, nel 2005, sono state costrette a sposarsi contro la propria volontà, e la stima per il 2006 è di 80 milioni, nonostante i matrimoni forzati siano ormai quasi ovunque proibiti per legge. Le donne infibulate nel mondo sono 130 milioni, e due milioni di bambine ogni anno rischiano di ingrossare le statistiche finendo sotto i rozzi bisturi di medici spesso improvvisati. Solo nel nostro Paese non meno di 40mila immigrate hanno mutilazioni genitali, mentre le bimbe tra i quattro e i 12 anni a rischio infibulazione - ed esposte alle infezioni e alle malattie che ne conseguono - sono almeno seimila, nonostante l’Islam abbia bandito questa pratica. Anche la schiavitù è tutt’altro che scomparsa: 171 milioni di bambini fanno lavori ad alto rischio, e di questi almeno due milioni sono sfruttati dall’industria del sesso. Solo in Europa, almeno 100mila donne sono «trafficate» ogni anno e costrette a prostituirsi, in gran parte dopo aver subito abusi, di queste si stima che almeno 20mila siano sul territorio italiano.
Insomma, «guardare l’immigrazione con gli occhi delle donne può essere scomodo: se l’immigrazione dev’essere integrazione, va fatta nel segno dei diritti», sospira l’europarlamentare Roberta Angelilli. Nei giorni scorsi a Strasburgo, l’esponente di An ha presentato un vademecum dedicato ai diritti delle donne immigrate, insieme al presidente del gruppo Uen, Cristiana Muscardini, all’eurodeputato polacco Mieczyslaw Janowski (Uen) e alla presenza di una delegazione femminile dell’Ugl, l’unico sindacato che ha un segretario generale donna, Renata Polverini.
Il tema dei diritti delle migranti sembra stare a cuore al partito di Fini: la legge 7/2006, quella contro l’infibulazione, porta infatti il nome di un senatore di An, Giuseppe Consolo. Ora anche «Puoi dire no! Fai valere i tuoi diritti», primo manuale di «autodifesa» per le donne straniere in Italia e in Europa, è targato An e Uen. E incassa il plauso di europarlamentari ideologicamente distanti come la diessina Pia Locatelli, che: «Non avrei potuto aggiungere o cambiare nemmeno una parola di quanto avete scritto qui. Su temi come questo potremmo portare avanti battaglie comuni, pur mantenendo ognuno la propria identità». Il dépliant potrebbe avere una diffusione vastissima, non solo in Italia: «Il commissario europe Franco Frattini ha dichiarato in aula che c’è la necessità di informare le donne nella maniera più capillare. L’opuscolo andrà tradotto in più lingue e diffuso con una campagna di informazione sostenuta dall’Ue», spiega infatti la Angelilli.

Per dirla con Marina Porro, segretario confederale dell’Ugl, bisogna impedire che «in futuro ci si ritrovi con migliaia di cittadini europei dalla vita schizofrenica, con un vissuto pubblico nel rispetto delle leggi della nazione ospitante, e uno privato all’insegna di violenze e sopraffazioni».

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