Il dono della rosa atto politico del Papa

Egregio Dottor Lussana, ho letto nel Giornale del 28 febbraio una nota redazionale dedicata alla celebrazione della Domenica delle Rose. Nella nota si leggono alcune inesattezze che mi permetto di segnalare.
a) La Messa tridentina preconciliare è tutta inspirata a un senso di umiltà al cospetto dell’Altissimo invocato affinché ci guardi e abbia pietà quoniam unicus et pauper sum ego come recita il Messale. Non è dunque una festa delle rose ma un’implorazione di misericordia.
b) A differenza di quello che si afferma nella nota in questione il digiuno ecclesiastico - praticato almeno ufficialmente nella Chiesa universale - era severo e ininterrotto. La mezza quaresima era praticata unicamente dai mondani.
c) Il dono della rosa non è (come scritto nella nota) un «traghetto verso l’ultimo periodo della Quaresima», bensì un atto politico-diplomatico compiuto dal Papa verso i potenti per favorire i rapporti con la Chiesa.
d) In nessun testo pervenuto a noi è scritto che la rosa d’oro è simbolo di Cristo come invece afferma il redattore della nota suddetta.
e) Urbano II (Eudes de Chatillon), già monaco di Cluny, tenne tre Concili: a Melfi 1089, Troia 1093, Clermont 1095. Non risulta che abbia tenuto un Concilio a Tours.


f) In un documento a noi pervenuto risulta che il Beato Urbano II di passaggio per Angers durante la predicazione della prima crociata fece dono di una rosa d’oro al conte Falcone d’Angiò.
g) Quanto alla musica del settecentesco Francesco Durante mi permetto di rammentare che San Pio X proibì l’uso di strumenti non liturgici e impose il solo uso dell’organo.

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