Doping? E il ciclismo inventa il Giro reality

Dilettanti osservati speciali 24 ore su 24: alberghi vietati, tutti in camerata. E medico unico per combattere i furbi

Doping? E il ciclismo 
inventa il Giro reality

Un Giro d’Italia da osservati speciali, ventiquattro ore su ventiquattro. Un «grande fratello» su due ruote ideato e organizzato per ridare credibilità ad un movimento che in questi anni ha visto vertiginosamente crollare le proprie quotazioni. Un Giro per i campioni di domani che dovranno sottoporsi quotidianamente ad approfonditi controlli sanitari e non potranno disporre di medici di società ma solo di uno staff messo a disposizione dagli stessi organizzatori. Un Giro sotto la lente d’ingrandimento della scienza e della coscienza. Un Giro di vite, un Giro verso la trasparenza ad origine controllata, tanto è vero che è stato ribattezzato «GiroBio».
Una corsa biologica, una corsa ciclistica che ha l’ambizione non solo di portare alla ribalta i campioni di domani, ma soprattutto di portare all’esterno un messaggio nuovo e diverso, quello di un ciclismo pulito e purificato. Questo per lo meno è nelle intenzioni degli organizzatori e della Federciclismo, che ieri a Firenze questo progetto ha presentato. Un’iniziativa sicuramente meritevole che però cela al proprio interno la solita magagna: ancora una volta il ciclismo catalizza su di se le attenzioni per vicende legate alla lotta al doping e dintorni. Si pone sotto la lente d’ingrandimento e si fa scrutare, controllare, rivoltare come un calzino per guadagnare sul campo un po’ di credibilità. Il ciclismo annientato dal doping riparte dal sospetto: per questo tutti i partecipanti saranno degli osservati speciali.

«L’abbiamo chiamato “GiroBio” per dare un’impronta biologica a tutta la manifestazione - ha spiegato l’ideatore e patron della corsa Giancarlo Brocci - ed è bene capirsi fin da subito. Sarà un Giro diverso, con un progetto enorme che è il controllo quotidiano e capillare che lo staff medico farà su tutti gli atleti raccogliendo dati importanti e dimostrando che si può correre una corsa a tappe in perfetta pulizia».

«Un Giro in corsia», che si correrà anche nelle camerate, visto che i corridori dovranno mangiare e dormire in spazi comuni, come in collegio o in caserma: basta hotel a quattro stelle. Basta camere doppie, da oggi tutti assieme, vigilati anche di notte da ispettori di corsa e corsia. Al bando le ammiraglie, per andare e tornare dalla corsa tutti andranno in pullman. Basta cellulari, solo un’ora al giorno, per salutare mammà o la fidanzata. Questo è il nuovo e rivoluzionario «GiroBio» che partirà da Firenze il 12 giugno, per concludersi il 21 a Gaiole in Chianti. Nove tappe, un giorno di riposo, cinque regioni interessate, 168 gli atleti che parteciperanno e uno staff tecnico centralizzato coordinato dal dottor Luigi Simonetto, medico federale e coordinatore sanitario della Federciclismo, che sarà coadiuvato dal professor Marco Bonifazi, dell’Università di Siena. «Con il “GiroBio” vogliamo dimostrare che si può correre in modo naturale ­ prosegue Brocci -, magari meno veloce ma in salute. Vogliamo inoltre recuperare un certo modo di vivere lo sport. I circa 170 corridori (20 squadre italiane e 8 straniere) saranno messi tutti nelle stesse condizioni. Ogni alloggio avrà spazi comuni, così come quelli adibiti ai massaggi e al self service per i pasti durante i quali non sarà possibile utilizzare i cellulari, questo per una regola di convivenza comune e non infastidire gli altri. Ogni atleta sarà seguito esclusivamente dal nostro staff medico e da un laureato in scienze motorie».

«Sarà un Giro con un immenso lavoro medico scientifico ­ aggiunge il dottor Simonetto - .

Vorremmo che i corridori fossero convinti di partecipare ad un progetto che al mondo non è stato mai fatto, cioè capire cosa succede al corpo di un atleta durante una corsa a tappe, poter dare importanti indicazioni anche agli stessi direttori sportivi su come gestire al meglio i corridori e il ciclismo nel suo insieme». Un Giro biologico, per i corridori di domani, che ambiscono a diventare campioni grandi, con un marchio di origine controllata. E tutto il ciclismo che biologico non è come dovremmo considerarlo, forse bionico?

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